AIDEPI, il made in Italy e il mercato della pasta

7 Aprile 2014 Off Di Pastaria

AIDEPI rende noti i più recenti dati sull’esportazione di pasta alimentare, ribadendo la propria posizione sul tema del made in Italy e sull’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta.

di AIDEPI

Pur non entrando nel merito della confusione mediatica che spesso insorge tra contraffazione, vero e proprio reato, e il significato del made in Italy, si possono ricordare però le parole del presidente dei Pastai Italiani, Riccardo Felicetti che proprio sul tema dell’origine ha da poco avuto modo di chiarire che “è inconcepibile tacciare di falso made in Italy proprio quelle produzioni altamente qualitative che rappresentano, da sempre, un’icona della capacità imprenditoriale italiana”.

Nelle recenti discussioni che hanno agitato i media italiani sulla delicata questione dell’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta, si inserisce l’appello del giornalista Roberto La Pira dalle pagine del suo giornale on line Il fatto alimentare, con cui invita alcuni tra i maggiori produttori di pasta italiani a fornire tali indicazioni in etichetta, oppure a spiegare perché non lo fanno, pur riconoscendo come effettive alcune delle osservazioni che, da sempre, i pastai oppongono all’indicazione in origine delle materie prime. Ad esempio, il fatto che l’uso di materie prime italiane per la produzione della pasta non equivalga ad un attestato superiore del prodotto, ma anche il fatto che la produzione nazionale di grano duro non è assolutamente in grado di coprire il fabbisogno interno. In definitiva, dalle pagine web de Il fatto alimentare, si ritiene corretto che la dicitura Made in Italy sulle confezioni di pasta sia del tutto legittima, in quanto sia la trasformazione del grano in semola, sia quella della semola in pasta vengono effettuate sul nostro territorio e che quindi la produzione di pasta con grano 100% italiano rappresenta una scelta e non un obbligo.

L’invito de Il fatto alimentare non è caduto nel vuoto e molte aziende associate ad Aidepi hanno efficacemente spiegato, in diverse lettere e con chiari esempi, le motivazioni che portano le aziende italiane ad acquistare parte del grano utilizzato dall’estero e l’elevata qualità della pasta italiana, da sempre conseguita anche per la straordinaria capacità dei pastai di selezionare i migliori grani provenienti da tutto il mondo.

Le aziende hanno esplicitamente dichiarato che l’indicazione dell’origine delle materie in etichetta, effettuata in modo sistematico, pone, soprattutto in presenza di produzioni di pasta ingenti problemi applicativi piuttosto complessi oltre ad un sensibile aggravio di costi. Infatti, la continua diversificazione degli approvvigionamenti delle materie prime rende, di fatto, problematico fornire continuativamente un’informazione accurata sull’origine della materia prima che di volta in volta è presente nel prodotto finito, in considerazione del continuo mutamento della stampa delle etichette e dei costi correlati a tale continua diversificazione.

Nonostante tali difficoltà, il comparto si sta interrogando, oramai da tempo e anche a livello associativo, circa le modalità più opportune con cui evidenziare che la pasta italiana è ottenuta con le miscele dei migliori grani del mondo, frutto di una accurata selezione qualitativa. è necessario tuttavia procedere tenendo conto della armonizzazione al livello comunitario dell’etichettatura dei prodotti alimentari e nel rispetto delle sue norme. Particolarmente rilevanti, in tal senso, saranno le misure applicative al regolamento UE 1169/2011 sull’origine volontaria ed obbligatoria dei prodotti alimentari, che chiariranno come e per quali settori effettuare tale indicazione nel rispetto della trasparenza verso il consumatore e stabilendo regole del gioco valide per tutti all’interno dell’Unione europea.

Non poter più apporre il marchio “Made in Italy” significherebbe peraltro perdere mordente anche nei confronti dei paesi che importano la pasta italiana, conosciuta ed amata in tutto il mondo, come dimostrano gli ultimi dati disponibili in tema di export. Da gennaio a ottobre 2013 sono infatti state esportate quasi 1.600.000 tonnellate di pasta, con un aumento percentuale rispetto allo stesso periodo del 2012 del 5,6, per un valore in milioni di euro pari a 1.682, anche qui con un aumento del 4% rispetto al 2012.

I cinque maggiori acquirenti sono, nell’ordine, la Germania con una quota del 18,9%, seguita da Francia (14,6%), Regno Unito ( 13,1%), Stati Uniti (7,2%) e Giappone 4,1%); questi cinque paesi assorbono da soli oltre metà delle esportazioni di pasta italiana (58%)…

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