Rendere unica la propria pasta per vendere meglio

19 Febbraio 2014 Off Di Pastaria

Differenziazione, branding e fare solo il meglio: tra differenti strategie di marketing per rendere unica la propria pasta.

di Marino Rossi

Qualcuno dei nostri lettori ricorderà forse le famose quattro P che costituiscono le grandi aree del marketing, vale a dire: prodotto, prezzo, promozione (pubblicità, pubbliche relazioni, ecc.), place (che in inglese indica la distribuzione, i canali di vendita).

La prima P del marketing, il prodotto, costituisce il fulcro dell’azienda, ciò che essa può offrire ai propri clienti.

Nel prodotto vanno però inclusi tutti gli aspetti ad esso connessi, che sono quelli che spesso creano il “valore” per il cliente.

Gli elementi caratteristici di un prodotto possono essere materiali oppure immateriali.

Se parliamo di pasta, tra i primi abbiamo ad esempio il formato, la confezione (packaging, imballo), la composizione (ingredienti), il tipo di assortimento.

Tra i secondi, la modalità di ordine e acquisto, il sistema di consegna, i termini di pagamento, il servizio al cliente (sito web, pagina Facebook).

Per rendere unica la propria pasta, e quindi distinguersi dalla concorrenza, esistono alcune strategie diverse:

• differenziazione, ovvero conferire alla pasta caratteristiche diverse rispetto ai concorrenti, su cui fare leva;

• branding, dall’inglese brand (marca), la cui strategia prevede di costruire un marchio distintivo che acquisisca visibilità e credibilità, spiccando così nel panorama di una concorrenza con immagine indifferenziata;

• fare solo il meglio (simply better), focalizzarsi semplicemente su come produrre una pasta ottima.

Naturalmente nulla vieta che, disponendo di risorse umane e finanziarie adeguate, un produttore persegua una combinazione di tali strategie di prodotto.

Parlando di differenziazione, anche un prodotto apparentemente “semplice” come la pasta può acquisire caratteristiche uniche, sia in termini materiali che immateriali.

Nel caso della composizione, si può evidenziare il ricorso al grano italiano, a ingredienti biologici, Dop, Igp e simili (con relative certificazioni), la filiera “corta” (kilometro zero) e la tracciabilità dei componenti, la fabbricazione artigianale e rispettosa di un certo disciplinare (pasta di Gragnano Igp, “ravioli fatti mano”), l’assenza di OGM, conservanti e altri componenti “negativi”, e così via.

Molto importante è ormai diventato anche il tipo di confezione: alcuni produttori hanno investito molto in questa direzione, creando dei pacchi assolutamente particolari e riconoscibili, che spiccano negli scaffali dei negozi, e si prestano naturalmente ad essere di per sé una confezione regalo. Un piccolo, ma ormai noto, produttore di Gragnano ha aperto questa strada, e altri lo hanno seguito: un pacco di pasta non può forse essere unico, bello, attraente?

Si può agire anche differenziando le caratteristiche immateriali della pasta, andando incontro alle esigenze del singolo consumatore: ecco allora nuove modalità di ordine (su internet), tipo di consegna (ad esempio, pasta fresca consegnata con corriere espresso in contenitori atermici appositi per mantenerla inalterata), consigli, suggerimenti, ricette sul proprio sito web, blog o pagina facebook, link a siti del settore enogastronomico o turistico.

La strategia di differenziazione del branding consiste nel distinguersi dai concorrenti anche per quanto riguarda l’immagine (logo, nome, stile): se l’azienda diviene, sia pure in una nicchia di mercato, nota e “di moda”, acquisisce lo status di marca.

In altri settori, esempi molto famosi di marca sono Nutella, Coca Cola, Ikea, Mercedes, Ferrari.

La forza del marchio e la sua reputazione possono essere tali da far scattare automaticamente, nella mente dei consumatori, delle percezioni e delle associazioni molto positive: Nutella può significare “dolce di qualità versatile e pronto ad essere immediatamente consumato”, Ferrari invece “automobili sportive esclusive di altissime prestazioni”.

Ciò vale spesso per marchi mondialmente noti, ma esistono anche casi di marche locali con una forte connotazione (l’acqua di Nepi, nel Lazio, significa “acqua leggermente frizzante”).

Aziende e prodotti con un marchio forte possono spuntare prezzi più alti sul mercato, e sono in testa nelle preferenze di acquisto dei consumatori, implicando maggiore qualità e piacevolezza.

Vero è che spesso tali marchi sono supportati da notevoli investimenti di comunicazione e pubblicità, ma non è sempre cosi: talvolta il passaparola, il marketing virale, innescati magari da qualche evento e sponsorizzazione particolarmente azzeccati ottengono risultati eccellenti.

Se dunque possedere un marchio forte e riconoscibile è un obiettivo desiderabile, e configura un evidente vantaggio competitivo, il punto è come individuare il proprio brand.

Si consiglia di concentrarsi su una caratteristica ben precisa che differenzi il marchio dai concorrenti: se poi tale aspetto riesce a essere incorporato nel nome del prodotto o dell’azienda, tanto meglio.

Un caso storico è quello degli elettrodomestici Ariston: il marchio fu individuato riferendosi al termine greco che significa “il migliore”, casualmente quasi coincidente col nome del fondatore della Merloni, Aristide; per tutti gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso il nome Ariston conquistò lo status di marchio forte nel suo settore.

Anche nel mondo della pasta, si stanno diffondendo esempi di marchi che si concentrano su alcune caratteristiche fino a farle diventare un brand riconosciuto: l’offerta si focalizza su alcuni aspetti della pasta, ad esempio gli ingredienti o il metodo di lavorazione, rendendoli collegati alla propria marca.

Per rendere unica la propria offerta si può riflettere sul motivo per cui il cliente dovrebbe comprare la nostra pasta, il nostro punto di forza, quello che viene definito unique selling proposition.

Tra l’altro avere ben chiaro questo concetto facilita anche l’impostazione della strategia di comunicazione: l’idea che il cliente deve avere di noi ci guida nella scelta degli strumenti più idonei a veicolare il messaggio. [hidepost]

Segnaliamo alcuni elementi importanti per lo sviluppo del proprio brand.

Nome: essendo il primo punto di contatto col cliente è della massima importanza.

Sono preferibili nomi facili da ricordare (e pronunciare: se si esporta è fondamentale, così come il fare attenzione ai significati del nome in altre lingue).

Il nome dovrebbe essere collegato il più possibile alla filosofia aziendale e alludere alla unique selling proposition.

I nomi più azzeccati solitamente evocano emozioni e suscitano sentimenti: qualità, naturalità, gusto, ecc.; nel valutarli va sempre ricordato il cliente tipo cui ci si rivolge, le sue caratteristiche socio-demografiche e culturali.

Per scegliere il nome di una nuova linea (o formato) di pasta si può provare a coinvolgere tutti i dipendenti dell’azienda in una sorta di concorso.

Logo: insieme al nome, il simbolo identifica il prodotto.

Essere originali è d’obbligo, ma senza strafare; è bene scegliere un logo semplice, con al massimo due colori. Deve adattarsi sia a grandi dimensioni (cartelloni, insegne) che a quelle piccole (confezione, biglietto da visita), e non prevaricare il nome. Anche lo stile e il carattere tipografico devono essere coerenti con l’immagine aziendale.

Esistono siti internet che permettono di costruirsi gratuitamente, o quasi, il logo rendendolo disponibile in formato pronto per la stampa.

Slogan: anche qui l’ottimo è rappresentare al meglio il proprio punto di forza, in sinergia con nome e logo.

Comunicazione: non è detto che la strategia di marca debba comportare notevoli investimenti pubblicitari; in tempi difficili è meglio considerare strumenti quali attività di pubbliche relazioni, web marketing (sito, blog, social network, newsletter), eventi, ecc.

In ultimo, qualche considerazione sulla strategia di marca consistente nel fare semplicemente al meglio le cose essenziali (simply better).

Può darsi che non sia ragionevole sforzarsi di trovare a ogni costo elementi di differenziazione del proprio prodotto, se si ritiene che il mercato non li apprezzerebbe a sufficienza: la strategia può allora essere quella di rendere il prodotto migliore nei suoi aspetti essenziali.

Molti clienti cercano infatti semplicemente prodotti con ottime caratteristiche di base, tralasciando aspetti ritenuti superflui: quindi, ad esempio, una pasta gustosa, che tenga la cottura, di semplice preparazione, in formato tradizionale.

Seguire (anche) questa strada rasenta l’ovvio, eppure ci sono esempi di aziende, in tutti i settori, che nel perseguire ossessivamente la differenziazione e l’innovazione, hanno perso di vista uno degli aspetti che più conta agli occhi dei clienti, cioè fare in modo esemplare le cose più basilari: prodotti di qualità, spedizioni puntuali, semplicità di uso, facile reperibilità sul mercato.

Un caso noto del recente passato è quello di Poste Italiane: invece di concentrarsi sulla puntualità ed efficienza del recapito della posta e nell’attività di sportello, hanno reso gli uffici postali dei bazar, vendendo quasi ogni genere di prodotti e servizi.

Peccato che al cliente tutto ciò non importi nulla, o quasi.

Far sì che un tipo di pasta espleti al meglio le funzioni essenziali che gli vengono richieste è una strategia alla portata di qualunque produttore, anche molto piccolo, che può quindi costruirsi una eccellente reputazione nella sua nicchia di mercato.

Rendere unica la propria pasta è in definitiva davvero un grande aiuto nella sfida competitiva.

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