Sfarinati, paste e residui indesiderati

6 Giugno 2008 Off Di Pastaria

Negli alimenti possono venirsi a trovare componenti indesiderati, in grado o meno di dar luogo a situazioni di pericolo, la cui presenza non è dovuta ad azioni non corrette in fase di produzione, ma a fattori ambientali. Ne parliamo in questo articolo

di Giuseppe Pumelli

Dopo avere esaminato le situazioni di pericolo concreto e presunto negli alimenti ed avere scorso quali siano gli agenti di pericolo (si veda l’articolo Gli agenti di pericolo negli alimenti, pubblicato sul numero 4 di Pastaria), è opportuno soffermarsi su quelli che sono i componenti indesiderati, cioè quei componenti che possono o meno dare luogo a situazioni di pericolo, ma che vengono ad essere presenti negli alimenti non come conseguenza volontaria del produttore o conseguenza di attività non corrette in fase produttiva, ma solo a causa di situazioni ambientali generali o particolari. In altre parole, sotto la voce “elementi indesiderati” elenchiamo quelle sostanze che a causa delle tecnologie produttive agricole o delle tecnologie industriali in generale finiscono in qualche modo per residuare nella catena alimentare.
Sono le sostanze più subdole e difficili da individuare in quanto non connesse alle azioni produttive dirette e, quindi, difficilmente immaginabili nel prodotto. Basti pensare ai problemi sollevati anni fa nelle carni risultate contaminate da fluoro ed altre sostanze prodotte da questa lavorazione. Si trattava di animali prodotti nella zona di Sassuolo e pesantemente contaminati dai residui di lavorazione delle piastrelle. Il problema fu scoperto solo in virtù del fatto che la contaminazione aveva raggiunto valori tali da produrre malattia e morte in detti animali. Tale situazione, inoltre, non era dovuta all’assunzione diretta di queste sostanze da parte dell’animale, ma alla contaminazione ambientale che veniva assimilata nelle erbe foraggere e trasmessa all’animale attraverso la somministrazione di tali foraggi. Il fenomeno quindi si presentava anche in zone diverse da quelle contaminate direttamente, poiché il fieno veniva venduto in assoluta buona fede anche in territori relativamente distanti.
Di fronte a queste situazioni appaiono ovvie le difficoltà connesse all’effettuazione di un piano di controllo da parte dell’AUSL o di autocontrollo da parte del produttore. Risulta, infatti, quasi impossibile stabilire cosa cercare in ogni farina.
Un piccolo aiuto, per attenuare queste difficoltà, è fornito, oggi, dalla necessaria tracciabilità sulla provenienza delle materie prime, tracciabilità che consente di effettuare indagini mirate nei confronti di materie prime provenienti da zone peculiari le cui problematiche siano conosciute. Per fare un esempio banale, sarà indispensabile effettuare un controllo sulla radioattività nei confronti del grano o delle farine provenienti da zone vicino a Chernobyl.
Non tutte queste situazioni, però, sono così eclatanti con la conseguenza che il più delle volte non sappiamo cosa cercare.
Ulteriore difficoltà è fornita dal fatto che una molecola diffusa nell’ambiente, per la legge della diluizione universale, sarà universalmente presente. Per meglio spiegare questo concetto, pensiamo alla Terra come una massa avente un peso ipotetico di 1.000.000.000 di tonnellate. Se produco un grammo di un’ipotetica sostanza chiamata x, avrò conseguentemente la presenza di un grammo di x su 1.000.000.000 di tonnellate, ossia la presenza di 0,001 g di x su un milione di tonnellate e via dicendo su cifre più piccole […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista