I mercati esteri, tante opportunità, tanti rischi
16 Febbraio 2010Operare nei mercati internazionali è una grande opportunità ma non è da tutti. Ci vuole preparazione e un’attenzione maggiore del solito. Perché il prezzo che si può pagare sbagliando, è davvero troppo alto.
di Maria Antonietta Dessì
Una cosa è saper produrre, altra è saper vendere. Questo principio appare ormai assodato. Anche la migliore qualità di pasta rischia di rimanere in magazzino se la stessa cura che si è impiegata per produrla non viene usata nella fase di promozione e vendita. E a che serve produrre un ottimo cibo se poi questo resta nello scaffale? L’aspetto commerciale oggi ha una valenza talmente rilevante, da mettere in ombra la qualità del prodotto. è anche per questo che alimenti pregiati restano invenduti mentre altri, molto pubblicizzati e proposti nelle dovute maniere, fanno la fortuna degli imprenditori più avveduti. La corretta strategia di vendita non è nemmeno così semplice da mettere in piedi. Non a caso sono sorte discipline e relative scuole che preparano chi si vuole cimentare nel campo della commercializzazione. Il marketing è diventato così una delle materie più studiate, proprio perché nulla può essere lasciato all’improvvisazione del momento. Ogni mercato ha sue preferenze, sue regole, la sua prassi. Modalità che è necessario conoscere se non si vuole sbagliare il tiro. Per questo motivo le imprese studiano prodotti specifici per ogni singolo mercato e in ogni contesto commerciale presentano il prodotto in tempi e modi diversi. Questo significa che ogni “piazza” è diversa dall’altra. Vendere pasta sfusa a livello locale non è come proporre pasta confezionata in ambito regionale o nazionale. E anche con un prodotto identico, può essere necessario apportare delle modifiche sia alla strategia commerciale utilizzata, che al prodotto stesso. Le cose si fanno ancor più serie se ci si propone ai mercati esteri. [hidepost] Vendere oltre confine richiede una preparazione che spesso è sottovalutata. Innanzitutto ogni paese è diverso dall’altro sotto l’aspetto culturale, delle abitudini alimentari, ma anche normativo. Anche all’interno di ogni stato ci sono differenze nei gusti e nelle abitudini dei consumatori, così come esistono in Italia da zona a zona e da regione a regione. E così come ogni canale commerciale fa testo a sé anche nello stesso contesto geografico. Oltre le frontiere è però necessario considerare anche una serie di altri aspetti. La normativa in ambito commerciale e del diritto privato, in generale, non è quella italiana. Ci possono quindi essere regole differenti che chi opera nei mercati internazionali deve conoscere per mettersi al riparo da spiacevoli inconvenienti, soprattutto in relazione all’adempimento contrattuale, al pagamento e al recupero crediti, particolarmente difficoltoso fuori paese. Possono essere differenti anche le norme sull’etichettatura del prodotto, sul confezionamento e la conservazione dei cibi, così come sul trasporto degli stessi e la relativa documentazione. C’è poi da considerare un eventuale cambio di lingua e di moneta, oltre che tutta la normativa sullo sdoganamento delle merci fuori dal contesto comunitario e le modalità di pagamento.
Insomma, vendere all’estero non è cosa per tutti. Chi non è pronto, non solo rischia di fallire nella singola operazione, ma anche di subire pesantissime conseguenze con effetti che si ripercuotono pesantemente sull’azienda. Affrontare con superficialità la vendita fuori nazione può quindi costare caro a chi crede che si tratti di una operazione commerciale come le altre […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista. Abbonati per non perdere i prossimi numeri [/hidepost]