Pasta italiana, ma non del tutto
9 Giugno 2011L’Unione europea ha posto un freno all’Italia nel’applicazione del decreto legislativo 2260 che introduce l’etichetta d’origine. Ma questa norma, seppur non attuata, pone un grande interrogativo: cosa si può considerare prodotto italiano e cosa no? Qual è il vero valore aggiunto del Made in Italy, la lavorazione o solo la materia prima? La parola ai pastai.
di Maria Antonietta Dessì
Era stato votato all’unanimità il decreto legislativo 2260 diventato legge dello Stato dopo una storica votazione in Commissione agricoltura della Camera. Ma la sua acclamazione e il sostegno bipartisan non sono bastati all’Unione europea per dare il via libera all’etichetta di origine. Da Bruxelles è stato presto ricordato che già a suo tempo la Commissione europea aveva intimato all’Italia, di sospendere l’esame del disegno di legge perché la regolamentazione in fatto di etichettatura è di esclusiva competenza comunitaria.
Alcuni hanno immediatamente additato il Governo per avere voluto creare aspettative che non potevano che andare disattese. Qualcuno ha sostenuto che questa legge fosse solo l’ennesimo teatrino della politica di provincia. E che questa politica avesse approvato una norma in palese contrasto con i principi comunitari solo per accontentare gli imprenditori agricoli e quanti ritengono che l’unico prodotto che si possa fregiare del “Made in Italy” sia quello lavorato in Italia e con materia prima locale.
Noi da questa situazione abbiamo preso uno spunto di riflessione, nella convinzione che il decreto tracci comunque una linea. è da una parte l’espressione di un malessere profondo dell’agricoltura nazionale e dall’altro il risultato delle frizioni di quanti credono che l’etichetta debba essere più trasparente e corta possibile.
Abbiamo chiesto ai pastai cosa pensino di questa delicatissima questione dove si intrecciano i diritti dei consumatori con quelli degli imprenditori, spesso additati negativamente perché utilizzano materia prima estera.
D’altra parte si legge un altro aspetto: quello della tendenza del mercato a chiedere e fidarsi maggiormente del prodotto locale, pur nell’erronea convinzione che tutto ciò che è lavorato in Italia sia realizzato con materia prima nazionale. [hidepost]
Sono pochi infatti i non addetti ai lavori (o meglio i consumatori) ad avere la consapevolezza che in Italia la stragrande maggioranza della pasta essiccata sia realizzata con grano canadese, che buona parte dei salumi sia fatta con carni olandesi o tedesche, che le mandorle dei nostri dolci siano prevalentemente californiane, per non parlare della soia, dell’olio e di tanti altri prodotti. Persino di quelli che hanno fatto grande l’agroalimentare italiano nel mondo. L’equivoco è quindi frequentissimo: nella stragrande maggioranza dei casi, il consumatore dà per scontato che un prodotto lavorato in Italia sia realizzato con materia prima nazionale.[…]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista. Abbonati per non perdere i prossimi numeri [/hidepost]