Grano nazionale, etichettatura d’origine e made in Italy
17 Ottobre 2013Non è riferendosi all’origine del grano duro che si valorizza il prodotto nazionale, quanto piuttosto promuovendo la ricetta italiana della pasta, che è costituita da un insieme di fattori tra i quali figura anche il non adeguarsi alla variabilità di una sola origine e ricercare invece i migliori risultati tecnologici mediante opportune miscele di grani duri pregiati.
di Aidepi
L’AIDEPI è da sempre favorevole ad un continuo miglioramento dell’informazione nei confronti dei consumatori attraverso regole condivise ed armonizzate a livello comunitario. Proprio per favorire la massima armonizzazione, sin dalla fine degli anni 70, la produzione legislativa nel settore alimentare è stata di fonte essenzialmente comunitaria, dapprima con lo strumento della Direttiva e, successivamente, mediante Regolamento comunitario, direttamente applicabile in tutti gli Stati Membri.
Da ultimo, con il Regolamento UE n. 1169/2011, è stata riformata l’intera disciplina dell’informazione al consumatore, includendo in un unico atto normativo tutte le prescrizioni in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, ivi compresa l’etichettatura nutrizionale.
In tale disciplina sono già contemplate apposite norme in materia di indicazione d’origine e la Commissione europea sta provvedendo ad effettuare le previste valutazioni d’impatto volte a delineare le modalità di apposizione in etichetta dell’origine su base volontaria ed a valutare l’opportunità dell’indicazione obbligatoria con particolare riguardo a taluni prodotti alimentari.
L’AIDEPI ritiene, quindi, anche per evidenti ragioni competitive con gli altri operatori del settore alimentare a livello europeo, che qualunque iniziativa legislativa in materia debba comunque seguire la logica indicata dal legislatore comunitario.
L’industria pastaria
L’industria italiana della pastificazione è prima nel mondo per produzione, potenzialità produttiva installata, consumo nazionale e consumo pro-capite ed esportazione.
La pasta, considerata il portabandiera per eccellenza del “made in Italy”, vanta una tradizione produttiva ultrasecolare, unita a ricerca tecnologica e sperimentazione, che hanno interessato tutto il territorio nazionale e non solo singole realtà locali o regionali.
L’esportazione sfiora ormai il 54% circa dell’intera produzione nazionale.
I valori nutrizionali e gastronomici della pasta sono unici e vincenti.
L’apprezzamento verso il prodotto sempre più marcato a livello nazionale ed internazionale, è il frutto di una “rigorosa politica di qualità” portata avanti, difesa, anche in Corte di Giustizia delle Comunità Europee, e consolidata da parte degli industriali pastai italiani e della loro Associazione nazionale di categoria, l’AIDEPI.
La legge 4 luglio 1967, n. 580, e successive modifiche (Decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187), detta anche “legge di purezza”, prescrive come principio fondamentale l’obbligo di produrre pasta esclusivamente con grano duro nel rispetto di precisi parametri analitici concernenti il tenore proteico minimo, l’umidità, il contenuto in ceneri ed il grado di acidità massimo, che uniti alla qualità del glutine, al colore giallo ed alla sua salubrità compongono i principali aspetti caratterizzanti la qualità del grano duro.
Non viene, tuttavia, richiesto di specificare l’origine del grano, proprio in quanto la qualità del grano è strettamente legata a tali aspetti ed è del tutto indipendente dalla sua origine. La produzione di grano duro italiano non è peraltro sufficiente a coprire il fabbisogno nazionale ed è noto e risaputo che utilizziamo circa il 70% di grano italiano. E, infatti, il 30% circa (a seconda delle annate) del grano duro macinato nel nostro paese è di provenienza estera. Una quota di tali importazioni serve inoltre non solo a sopperire al deficit quantitativo ma anche a gestire la variabilità qualitativa della produzione interna, al fine di assicurare la costanza delle caratteristiche qualitative del prodotto finito a nulla rilevando, in tale accurata selezione, l’area di provenienza del grano.
È poi l’esperienza secolare che, tramandata di generazione in generazione, insegna dove trovare e come scegliere le varietà di frumento duro più adatte per produrre i vari formati di pasta anche in funzione dei raccolti, altalenanti sia per via delle condizioni meteorologiche che per via dell’area di produzione. Da tempo immemorabile, infatti, la buona pasta si fa miscelando anche grani duri stranieri. Il migliore era il Taganrog, che alcuni pastai cominciarono ad importare dalla Russia già alla metà dell’800.
Non è quindi riferendosi all’origine del grano duro che si valorizza il prodotto nazionale quanto piuttosto promuovendo la ricetta italiana della pasta, che è costituita da un insieme di fattori tra i quali figura anche il non adeguarsi alla variabilità di una sola origine e ricercare invece i migliori risultati tecnologici mediante opportune miscele di grani duri pregiati.
Concrete difficoltà applicative
In aggiunta alle motivazioni rappresentate, va rilevato che quand’anche si volesse accedere a regolamentazioni di carattere nazionale in materia di origine, un siffatto sistema di etichettatura creerebbe problemi applicativi estremamente complessi ed un sensibile aggravio di costi, a detrimento non solo delle aziende ma anche dei consumatori, i quali finirebbero con lo scontare un’informazione sostanzialmente inutile.
La continua diversificazione degli approvvigionamenti delle materie prime rende, di fatto, proibitivo fornire, continuativamente, un’informazione accurata sull’origine della materia prima, di volta in volta, presente nel prodotto finito. Con una rilevante ricaduta, sia in termini di costi necessari a far fronte al continuo mutamento della stampa delle etichette, sia in termini di competitività con le altre aziende UE ed extra UE, cui tale normativa non si applicherebbe affatto…
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