Il regolamento UE 1169/2011: cosa cambia per i produttori di pasta
13 Febbraio 2015Il regolamento UE 1169/2011 è entrato in vigore il 15 novembre 2011 ma solo a decorrere dal 13 dicembre 2014 è pienamente applicabile.
La nuova disciplina costituisce la sintesi di oltre trent’anni di discussioni e disposizioni comunitarie in tema di etichettatura degli alimenti. Torniamo sul tema per scoprire cosa resta in vigore della previgente disciplina italiana contenuta nel decreto legislativo n. 109/1992 e per un approfondimento delle principali novità introdotte dal regolamento.
di Lino Vicini
Il decreto legislativo 109 del 1992 e il regolamento (UE) 1169/2011
Il decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 109 ha costituito in Italia per oltre venti anni la disciplina dell’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari.
Queste norme rappresentano il recepimento nel nostro Paese delle direttive comunitarie in materia di prodotti alimentari, emanate nel corso degli anni (direttiva 79/112/CEE e la direttiva 2000/13/CE per citare le più importanti).
Recentemente il legislatore europeo ha emanato il regolamento UE 1169/2011 che costituisce un testo comune in materia per tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.
Lo scopo perseguito è semplificare la normativa esistente, migliorare le regole vigenti, responsabilizzare ulteriormente gli operatori economici sulle informazioni da fornire in etichetta.
Il citato regolamento UE 1169/2011 è entrato in vigore il 15 novembre 2011 ma solo a decorrere dal 13 dicembre 2014 è pienamente applicabile.
Tale nuova disciplina rappresenta il frutto di oltre quattro anni di lavoro da parte delle istituzioni europee e costituisce la sintesi di oltre trent’anni di discussioni e disposizioni comunitarie in tema di etichettatura degli alimenti.
In questo momento la domanda che quasi tutti gli operatori del settore alimentare si pongono è la seguente: cosa resta in vigore della previgente disciplina nazionale contenuta nel Decreto legislativo n. 109/1992?
Per dare una risposta a tale quesito è preliminarmente opportuno precisare come opera la successione delle norme di legge italiane ed europee essendo non a tutti noto il meccanismo che regola i rapporti tra disciplina interna e comunitaria.
Abrogazione delle precedenti disposizioni comunitarie in tema di etichettatura e norme nazionali
L’art. 53 del regolamento 1169/2011 ha espressamente abrogato tutte le precedenti direttive comunitarie in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari.
In questo modo il legislatore comunitario ha fatto piazza pulita di tutte le precedenti disposizioni emanate nel corso del tempo, sostituendole con le norme del nuovo regolamento.
L’abrogazione della vecchia disciplina comunitaria è giustificata da alcuni precisi motivi.
In primo luogo, il legislatore europeo ha cercato di uniformare e semplificare la disciplina riunendo in unico testo una moltitudine di disposizioni sparse precedentemente in diversi testi normativi (etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, etichettatura nutrizionale, allergeni).
Inoltre, la scelta, differente rispetto al passato, è stata quella di adottare regole omogenee per tutti i paesi dell’Unione Europea attraverso l’approvazione di un unico testo normativo.
Come è noto, il regolamento europeo ha carattere generale ed astratto equivalente alla legge nei singoli Stati nazionali.
Il regolamento quindi ha effetto immediato in ogni singolo Paese membro e non necessità di norme interne di recepimento, come invece accade con le direttive.
Come è evidente, l’abrogazione delle disposizioni comunitarie (direttive) da parte del legislatore europeo non cancella automaticamente in ogni ordinamento dei Paesi membri le singole disposizioni nazionali di recepimento delle stesse.
Come detto, infatti, sulla base dei principi generali, ogni singolo Stato dovrà procedere all’adeguamento del proprio sistema giuridico alle modifiche intervenute.
Per fare un esempio, è proprio quello che è accaduto qualche anno fa con l’approvazione da parte del legislatore comunitario delle disposizioni del cosiddetto “pacchetto igiene” nel 2004 e contestuale abrogazione di tutte le precedenti direttive in materie di alimenti con la direttiva 2004/41/CE.
In primo luogo, il legislatore comunitario con quest’ultimo provvedimento, soprannominato da alcuni commentatori “direttiva killer”, ha cancellato dall’ordinamento europeo tutte le direttive recanti norme sull’igiene dei prodotti alimentari e le disposizioni sanitarie per la produzione e la commercializzazione di determinati prodotti di origine animale destinati al consumo umano.
Successivamente il legislatore italiano è intervenuto con un provvedimento legislativo “ad hoc” per adeguare l’ordinamento nazionale alle modifiche intervenute.
L’articolo 3 del decreto legislativo n. 193 del 6 novembre 2007 ha quindi abrogato ben ventiquattro provvedimenti italiani di attuazione di direttive comunitarie, divenuti nel frattempo obsoleti a seguito dell’entrata in vigore dei nuovi regolamenti comunitari sulla stessa materia.
In questo modo, inoltre, il legislatore nazionale ha provveduto ad introdurre le sanzioni per la violazione delle disposizioni contenute nei citati regolamenti comunitari.
Questo doppio meccanismo potrebbe ripetersi anche con riguardo alla disciplina sull’etichettatura degli alimenti.
Le novità della disciplina europea
Cerchiamo ora attraverso una breve disamina delle nuove disposizioni di verificare se vi sono novità da apportare alle etichette per quanto riguarda i produttori di pasta.
In linea generale si può affermare come il nuovo regolamento non introduca delle disposizioni rivoluzionarie in tema di etichettatura, di presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari.
La disciplina omogenea già introdotta con le direttive sopra richiamate viene essenzialmente confermata dalle nuove norme.
Si registrano con favore alcune novità con riguardo all’informazione sugli allergeni ed in generale su tutta l’informazione fornita ai consumatori che viene migliorata al fine di conseguire un livello elevato di tutela della salute umana.
La regola seguita dal legislatore comunitario è quella di stabilire nuovi obblighi in materia di informazioni sugli alimenti solo ove necessario, conformemente ai principi di sussidiarietà, proporzionalità e sostenibilità.
Le informazioni obbligatorie da riportare in etichetta sono elencate dall’art. 4 del regolamento.
Tali informazioni sono riassumibili essenzialmente in tre settori: le informazioni sull’identità e la composizione, le proprietà o altre caratteristiche dell’alimento, le informazioni sulla protezione della salute dei consumatori e sull’uso sicuro dell’alimento ed infine le informazioni sulle caratteristiche nutrizionali che consentono ai consumatori di effettuare scelte consapevoli.
Le informazioni obbligatorie
L’informazione più importante per il consumatore è chiaramente quella relativa al contenuto e alla presentazione dell’alimento.
Partiamo in primo luogo dalle indicazioni minime obbligatorie dei prodotti alimentari.
Con riferimento all’elenco di tali indicazioni l’articolo 9 del nuovo regolamento stabilisce che siano menzionate le seguenti informazioni:
a) la denominazione dell’alimento;
b) l’elenco degli ingredienti;
c) gli eventuali allergeni presenti;
d) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti (quid);
e) la quantità netta dell’alimento;
f) il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;
g) le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;
h) il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare (responsabile del prodotto);
i) il paese d’origine o il luogo di provenienza se previsto;
j) le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento;
k) per le bevande alcoliche il titolo alcoolimetrico effettivo;
l) una dichiarazione nutrizionale.
Da segnalare con riferimento alla lista delle informazioni obbligatorie il superamento dell’obbligo stabilito originariamente nell’articolo 3 comma 1 lettera e) del decreto legislativo 109/1992.
Ricordiamo, come tale disposizione richiedeva l’indicazione in etichetta del nome o della ragione sociale o del marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella Comunità economica europea.
Il regolamento non impone invece l’obbligo di indicare la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento previsto sin dal 1992 nella disciplina italiana.
Tale informazione pertanto può essere mantenuta esclusivamente su base volontaria da parte del responsabile del prodotto e in ogni caso purché non sia sostitutiva del nome o della ragione sociale e indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui al richiamato articolo 8 del regolamento.
La denominazione di vendita (articolo 4 del decreto 109/1992) viene superata dall’indicazione della denominazione dell’alimento (art. 17 del regolamento).
Secondo quest’ultima disposizione con questo termine si intende la sua denominazione legale.
La novità consiste nel fatto che mentre la denominazione di vendita riguarda il prodotto finito la denominazione dell’alimento disciplina sia la denominazione del prodotto finito che la denominazione dell’ingrediente.
Le informazioni obbligatorie sugli alimenti previste dall’art. 9 del regolamento 1169/2011 devono obbligatoriamente essere riportate in etichetta mediante parole e numeri.
La disposizione precisa come, fatte salve le indicazioni di cui all’art. 35 (che si occupa delle forme di espressione e presentazione supplementari), le indicazioni possono essere espresse attraverso pittogrammi o simboli.
La disposizione riprende quanto già previsto come criterio generale di leggibilità delle etichette dall’art. 13.
La citata disposizione impone espressamente che le informazioni obbligatorie sugli alimenti siano apposte in un punto evidente in modo da essere facilmente leggibili ed eventualmente indelebili.
Si precisa inoltre come le stesse non possano essere in alcun modo nascoste, oscurate, limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o altri elementi suscettibili di interferire.
Vengono infine previste l’altezza minima della stampa dei caratteri in modo da garantire un contrasto visibile tra lo sfondo e gli stessi.
La lingua utilizzata
Nell’elenco delle indicazioni obbligatorie da riportare in etichetta viene meno, in quanto non previsto dal regolamento comunitario che si rivolge a tutti i Paesi Membri, l’obbligo espresso di riportare le indicazioni in lingua italiana già contenuto nell’articolo 3 comma 2 del decreto 109 del 1992.
L’articolo 15 del regolamento 1169/2011 stabilisce infatti che “le informazioni obbligatorie sugli alimenti appaiono in una lingua facilmente comprensibile da parte dei consumatori degli Stati membri nei quali l’alimento è commercializzato”.
Inoltre “sul loro territorio gli Stati membri nei quali è commercializzato un alimento possono imporre che tali indicazioni siano fornite in una o più lingue ufficiali dell’Unione”.
È evidente come ogni singolo Paese potrà stabilire liberamente e discrezionalmente la lingua o le lingue da utilizzare per l’indicazione dell’elenco delle informazioni da riportare in etichetta.
L’indicazione degli allergeni e il lotto
Da segnalare l’obbligo previsto dall’art. 21 del regolamento 1169/2011 di evidenziare con un carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti la sostanza che provoca allergie o intolleranze. [hidepost]
Per quanto concerne la pasta è evidente che la semplice indicazione in grassetto dell’ingrediente utilizzato per la sua produzione (semola di grano duro o semola di grano duro integrale o nel caso di pasta all’uovo quest’ultimo ingrediente) sia sufficiente ad integrare l’obbligo di informazione supplementare del consumatore.
Ricordiamo per completezza come nell’allegato II al regolamento sono indicate espressamente tutte le sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze che devono essere indicate espressamente con un carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati per dimensione, stile o colore di sfondo.
Il nuovo regolamento comunitario non si occupa neppure dell’indicazione del lotto già disciplinato dall’art. 13 del decreto legislativo 109/1992.
Anche in questo caso nulla cambia rispetto al passato, in quanto la direttiva sul lotto di produzione è ancora in vigore (direttiva 2011/91/UE).
Pare evidente infatti, come l’indicazione del lotto, che è disciplinato in una direttiva a parte diversa da quella che si occupa dell’etichettatura degli alimenti, non riguardi una informazione destinata al consumatore finale in quanto tale ma piuttosto una notizia che interessa gli organi di controllo per eventuali richiami degli stessi prodotti.
Il regime sanzionatorio
Il legislatore europeo è privo della potestà normativa nel campo delle disposizioni sanzionatorie penali e amministrative.
L’assenza di disposizioni comunitarie contenenti disposizioni punitive è dovuta fondamentalmente al mancato trasferimento della competenza penale nazionale agli organi europei.
Tale trasferimento viene ritenuto allo stato attuale impossibile per la carenza di democraticità degli organi di produzione del diritto comunitario.
Per quanto concerne le norme sanzionatorie amministrative, la tendenza a ricorrere prevalentemente a norme punitive nazionali anziché comunitarie, anche per la violazione di comandi di creazione europea, deriva dalla consolidata concezione per cui spetta ai singoli Stati di adottare tutte le misure a carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione dei trattati comunitari.
Ne consegue, quindi, come l’introduzione del regolamento 1169/2011 non abbia comportato automaticamente la scomparsa della norma nazionale in tema di etichettatura, pubblicità e presentazione degli alimenti frutto del recepimento delle vecchie direttive europee.
A ciò si aggiunge il fatto che se da un lato le nuove disposizioni contenute nel regolamento devono essere applicate con prevalenza rispetto alle precedenti disposizioni nazionali, sulla base del “principio di primazia” del diritto europeo su quello nazionale, tuttavia non è possibile dimenticare come le disposizioni sanzionatrici contenute nel decreto legislativo 109 del 1992 continuano formalmente a rimanere in vigore.
In particolare, la disposizione sanzionatoria di cui all’art. 18 del decreto legislativo 109 del 1992 non è abrogata, né può essere disapplicabile dagli organi di controllo nazionali sino ad un espresso provvedimento del legislatore nazionale italiano.
Altra diversa questione è quella di sapere se il mancato rispetto degli obblighi stabiliti dal regolamento 1169/2011 possa venire sanzionato dalla disposizione contenuta nel decreto legislativo italiano in materia.
Questo problema sarà evidentemente risolto se e quando il Parlamento nazionale procederà ad emanare disposizioni specifiche a protezione degli obblighi previsti dal nuovo regolamento.
Il Ministero dello Sviluppo economico ha fornito una prima interpretazione con la circolare del 31 luglio 2014.
Secondo tale documento l’articolo 18 del decreto legislativo 109 del 1992 sarà superato dal decreto legislativo recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento 1169/2011.
A questo proposito il Parlamento ha delegato il Governo con l’articolo 2 della legge 6 agosto 2013 n. 96 (legge di delegazione europea 2013) a provvedere una disciplina sanzionatoria specifica.
Un primo schema della disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento 1169/2011 è stato reso pubblico in internet dagli organi ministeriali.
Si tratta di un documento composto da ventisette articoli che dovrebbe sostituire le disposizioni sanzionatrici contenute nel decreto legislativo 109 del 1992.
Le sanzioni variano per le diverse violazioni da un minimo di € 1.000,00 ad un massimo di € 150.000,00.
Il provvedimento non dovrebbe essere pronto prima della primavera di quest’anno e comunque ben oltre il 13 dicembre 2014.
In attesa dell’approvazione delle nuove disposizioni sanzionatrici ci si domanda come possano venire sanzionate le irregolarità e violazioni alle disposizioni del regolamento 1169/2011.
Secondo una prima interpretazione alcuni comportamenti già disciplinati dal decreto legislativo italiano del 1992 sarebbero sovrapponibili alle disposizioni del nuovo regolamento.
In questo caso, quindi, le vecchie sanzioni previste per il mancato rispetto delle disposizioni della 109 si potrebbero applicare senza difficoltà anche alla violazione delle nuove disposizioni del regolamento.
Conclusione
Da quanto sopra esposto deriva che sarebbe quanto mai opportuno l’intervento del legislatore nazionale al fine di riportare ordine nella residua legislazione italiana in materia.
La soluzione ideale auspicata consisterebbe nella compilazione di un nuovo testo di legge nazionale.
Quest’ultima andrebbe a sostituire completamente le disposizioni sopravvissute del decreto legislativo 109 del 1992 non travolte espressamente dalle nuove norme del regolamento 1169/2011.
Tale disposizione dovrebbe occuparsi di disciplinare le norme residue di competenza del singolo Stato italiano, nonché chiarire tutti i possibili dubbi sugli argomenti non armonizzati a livello comunitario.
Inoltre, la nuova disposizione nazionale dovrebbe prevedere le sanzioni amministrative da irrogare in caso di mancato rispetto del regolamento comunitario.
Questo sia nell’ottica del rispetto rigoroso del principio di legalità, ma anche al fine di favorire il lavoro degli organismi di controllo e degli organi giurisdizionali chiamati a vagliare il rispetto delle norme.
Ancora oggi lo Stato italiano non ha provveduto ad adeguare la propria residua disciplina interna, ma non è mai troppo tardi per mettersi in regola e consentire a tutti gli operatori di lavorare in tranquillità. [/hidepost]
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