Nuove etichette: problema o opportunità?

19 Aprile 2012 Off Di Pastaria

Sono tante e complesse le novità introdotte dal regolamento UE 1169/2011 in merito all’etichettatura dei prodotti alimentari. Nei prossimi anni le imprese si dovranno adeguare ad una serie di prescrizioni che cambieranno in maniera determinante le etichette e il modo di leggerle. Ma i tempi di applicazione sono lunghi e gli aspetti da definire numerosi.
Ne abbiamo parlato con alcuni produttori.

di Maria Antonietta Dessì

Non è una vera e propria riforma, perché prevale lo spirito della chiarificazione e del riordino, ma le novità del regolamento UE 1169, dello scorso 25 ottobre, non sono comunque poche. E in alcuni casi di grande rilievo.
Una per tutte: l’obbligo, da qui a qualche anno, della dichiarazione nutrizionale sui prodotti alimentari oppure l’evidenza richiesta alla presenza di allergeni, che impone una dimensione minima dei caratteri per la leggibilità (diciture obbligatorie sulle etichette con caratteri tipografici minimi non inferiori a 1,2 mm oppure 0,9 mm, se le confezioni presentano una superficie inferiore a 80 cm2) e l’indicazione anche per i cibi non imballati (compresi quelli proposti nei ristoranti o nelle mense).
Non bastasse tutto ciò, è fatto divieto, una volta per tutte, di pubblicare indicazioni fuorvianti sulle confezioni e viene data una nuova lettura della scadenza degli alimenti, ma anche la possibilità, per il consumatore, di identificare immediatamente per specifiche categorie di cibi, gli alimenti simili ma meno pregiati perché realizzati con ingredienti di qualità inferiore.
Il regolamento è articolato e complesso e prevede altresì l’obbligo di indicare specificamente la natura degli oli vegetali impiegati, l’eventuale decongelazione del prodotto venduto, il peso netto del prodotto glassato, nonché dell’ingrediente sostitutivo se al posto di quello normalmente utilizzato viene impiegato un surrogato.
Per ciò che concerne invece il paese d’origine e il luogo di provenienza, il regolamento introduce una regola base, ossia che l’indicazione dell’origine sia comunque facoltativa, fatti salvi alcuni casi specificamente indicati e il caso in cui la sua omissione possa indurre in errore il consumatore. Nella sola ipotesi in cui il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento non sia lo stesso di quello del suo ingrediente primario, dovrà essere specificato anche il paese d’origine di quest’ultimo. [hidepost]
Il regolamento è molto vasto, anche per i diversi temi che tocca e in più di un passaggio rimanda alla legislazione nazionale di ogni stato membro. La sua applicazione effettiva è dunque rimandata ai decreti attuativi e alle linee guida che – si sa – se non possono snaturare la norma di riferimento, quanto meno la possono rivisitare e attuare con una forte contesualizzazione. Questo significa che è necessario attendere gli sviluppi per vedere come alcune questioni verranno effettivamente calate nella realtà e a quali obblighi concreti daranno vita. È inoltre doveroso precisare che i tempi di attuazione del regolamento sono piuttosto lunghi: 3 anni in alcuni casi, 5 in altri. Insomma c’è da attendere prima di vedere gli effetti della riforma europea in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, ma nel frattempo il testo licenziato raccoglie il plauso di produttori e consumatori, di associazioni di categoria e istituzioni […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista. Abbonati per non perdere i prossimi numeri [/hidepost]