Viaggio nel mondo delle associazioni
13 Novembre 2009Le associazioni imprenditoriali vivono un momento difficile. Appare necessaria una rivisitazione del sistema e di alcune dinamiche interne. Ma la loro importanza e l’utilità per le imprese non si discute. Ne parliamo con gli associati di APPAFRE.
di Maria Antonietta Dessì
È tempo di crisi. E questa non è una novità. Ma non si tratta tanto o solo di una crisi economica e di difficoltà a stare sul mercato. E prima di tutto una questione di visione del futuro e di sfiducia che si rileva in molti campi della vita individuale e sociale. I vecchi modelli della politica, dell’ideologia, dell’aggregazione sociale sono stati messi in discussione tempo fa e ora se ne toccano con mano le ripercussioni pratiche, nel quotidiano.
Le associazioni di categoria che aggregano e rappresentano le imprese non sono esenti da questo fenomeno. Al contrario. Essendo espressione di interessi collettivi risentono in prima battuta sia di quanto accade in un territorio, che dell’andamento delle proprie aziende associate. C’è poi un altro aspetto. La stragrande maggioranza delle organizzazioni di categoria, come anche i sindacati dei lavoratori dipendenti, nasce in un contesto storico e definito e per decenni ha risposto a logiche politiche che ora, per la maggior parte, sono venute meno. Era quindi inevitabile che un cambiamento si registrasse anche all’interno delle associazioni dove, ad unire, non sono più gli ideali di un tempo, ma la necessità di risposte concrete ai problemi aziendali quotidiani. [hidepost] E non poteva essere altrimenti.Un certo approccio alla politica è tramontato da tempo. La gente cerca risposte e forse anche a causa di una generale sfiducia verso le istituzioni, si rivolge a chi queste risposte le ha, a prescindere dalla filosofia e dal colore politico che lo contraddistinguono. I giovani imprenditori sono inoltre molto diversi dai loro padri. Questi ultimi aderivano ad un’organizzazione di categoria, alla ricerca di chi potesse rappresentare degnamente le proprie istanze davanti ai centri di potere e al mercato. Le imprese si riunivano prima di tutto attorno ad un’idea o meglio ad un’ideologia, nella convinzione che l’associazione fosse la migliore portatrice dei valori nei quali i titolari si riconoscevano come uomini e come lavoratori. ?Gli imprenditori di oggi seguono tutt’altra filosofia. Scoraggiati dallo stato delle cose e dall’assenza di riscontro alle proprie problematiche, grandi o piccole che siano, vanno alla ricerca di supporto, ma soprattutto di servizi e prestazioni di varia natura. Badano alla qualità di ciò che acquistano e pretendono efficienza e celerità.
Nasce quindi l’esigenza per le organizzazioni di categoria di stare sul mercato, come un qualunque altro soggetto economico. E questo a prescindere dal fatto che le associazioni imprenditoriali siano in realtà molto altro. Rappresentano interessi legittimi e collettivi, hanno un ruolo di natura sindacale importantissimo, portano nei tavoli di concertazione una visione complessiva della problematica che trattano, sono il termometro dell’economia di un paese, misurano lo stato di salute economica e sociale di un territorio e sono propulsori d’impresa. Vedere le organizzazioni di categoria come dei meri prestatori di servizi che operano sul mercato alla stessa stregua di un professionista singolo è quindi, a nostro parere, un errore. Tuttavia non siamo qui per valutare le scelte del mondo imprenditoriale di fronte alle proprie problematiche. Quanto piuttosto per osservarle […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista [/hidepost]