I millefanti
11 Novembre 2009L’articolo è dedicato ad una gustosa pastina per zuppe, diffusa, con i più diversi nomi, in tutta Italia.
di Oretta Zanini De Vita
A dirla così, sembrerebbe che qualcuno si sia messo ad organizzare un reparto di fanteria, invece si tratta di una pasta minuta, dal formato che varia tra i pezzetti di sottile tagliatella, al piccolo grumo, grande come un chicco di miglio, ottenuto sfregando tra i palmi delle mani un minuscolo pezzetto di impasto confezionato con acqua e farina. Pasta molto antica, se la troviamo già presente in documenti medioevali, dai quali gli studiosi hanno fatto derivare l’etimologia. In particolare, G. Alessio, autore di una Storia linguistica di un antico cibo attuale: i maccheroni, costruisce a questa parola un lungo percorso nei tempi: dal tardo latino bonifatus, al toscano manifatoli, al senese-aretino bonifatali o bonifatoli, alla parlata tarantina di melinfante, per trasformarsi in Sicilia in melinfanti o milinfanti, fino all’italiano millefanti. Immaginiamo cosa questa curiosa parola sia poi diventata nell’italiano dialettale delle persone umili, come quella vecchietta che a Conversano, in Puglia, li stava velocemente confezionando sulla porta di casa con un movimento velocissimo dei palmi della mano uno contro l’altro. Alla nostra domanda su cosa stesse preparando, ha risposto: dei ‘mbilembande per la minestra di legumi!
I termini con i quali nel Sud si indicano i millefanti sono numerosissimi: dai bilbanti, ai melempant della Puglia, ai menafanti del Veneto, a dire quanto diffusa fosse questa minuscola pasta che già compare in antichi testi a stampa. In uno di questi antichi testi del Regno delle Due Sicilie leggiamo: «di tal pasta si fanno pezzetti come acini di miglio, o di grano, e si sogliono fare colla palma della mano e rappando la pasta; si fanno cuocere bene in buon brodo ed abbondante e si apparecchino con parmigiano sopra o caciocavallo» […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista