Chi va al mulino… s’infarina

20 Settembre 2011 Off Di Pastaria

Brevi note storiche sull’antica arte della molitura.

di Oretta Zanini De Vita

All’inizio furono sicuramente due pietre, l’una concava e l’altra convessa, sovrapposte, che una mano azionava faticosamente facendo uscire lo sfarinato da un piccolo condotto scavato nella pietra stessa. Lavoro lungo e faticoso, nei millenni tutto al femminile, che nelle regioni a caldo secco doveva essere preparato quotidianamente. Poi qualcuno pensò all’aiuto degli animali che potevano movimentare macine di pietra più grandi e il passaggio ai mulini a pietra fu lento; ma già gli antichi romani avevano ottimizzato il lavoro se Plinio distingueva i diversi tipi di pietra per ottenere diversi sfarinati: le migliori pietre venivano dalla Lombardia, dalla Brianza e dalla valle del Lambro e vi si macinavano farine di orzo, di farro, di grano e molto più tardi anche di mais. E il grano, prima di essere macinato, veniva inumidito, per ottenere una farina più bianca anche se più fragile.
Per lunghi secoli il grano fu approvvigionato in Italia, il migliore, quello duro, veniva dalla Sicilia, proprio lì dove, al giro di boa del primo millennio, troviamo le prime notizie sulla fabbricazione di quella preziosa pasta secca che le Repubbliche marinare di Genova e Pisa diffonderanno nel mondo allora sconosciuto, anche oltre le colonne d’Ercole. Il grano era dunque materia preziosa e cara; le classi meno abbienti, i contadini, non potevano certo disporne con facilità e allora – la miseria aguzza veramente l’ingegno – nei secoli bui, tutto si trasformava in farina: oltre ai grani meno pregiati, si macinava la segale, l’orzo, lo scuro grano saraceno, ma anche le fave, i ceci, le castagne e perfino le ghiande. E con tutto si preparava sia il pane e sia la pasta. Le castagne prima di essere portate al mulino venivano seccate su apposite stigliature areate; le ghiande invece venivano prima lessate poi fatte asciugare perfettamente e quindi macinate. [hidepost] Intanto dal vicino Oriente dovettero arrivare le grandi mole movimentate ad acqua che ancora nel I sec. a. C. il grande architetto romano, Vitruvio, perfezionò facendo sollevare l’acqua per mezzo di grandi pale poste verticalmente sui corsi d’acqua. Sono i mulini che hanno attraversato i secoli giungendo quasi fino ai nostri giorni. Intanto, però, La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista. Abbonati subito per non perdere il prossimo numero [/hidepost]