Horse meat: uno scandalo europeo che apre a nuovi rischi per il mercato italiano
4 Marzo 2014Speciale: gli atti del Convegno europeo sulla pasta fresca e gnocchi (Venezia, 30 maggio 2014)
di Marina Nadia Losio1, Stefano Bilei2, Barbara Bertasi1, Elisabetta Delibato3, Paola De Santis2 e Dario De Medici3
1) Istituto Zooprofilattico della Lombardia e Emilia Romagna (Brescia)
2) Istituto Zooprofilattico del Lazio e Toscana (Roma)
3) Istituto Superiore di Sanità (Roma)
Fin dal 1960, gli scambi internazionali del comparto alimentare hanno subito un incremento esponenziale, molto più alto di quanto avvenuto riguardo alla quantità totale della produzione degli stessi.
Il valore degli scambi internazionali di questo importante settore produttivo è passato da 438 miliardi di dollari del 1998 ai 1.060 miliardi di dollari nel 2008 con un incremento di 2,3 volte, mentre nello stesso periodo il totale della produzione mondiale di alimenti cresceva di solo 1,4 volte, da 1400 a 1780 miliardi di dollari.
Nel 2030 la necessità di alimenti, a livello mondiale, aumenterà del 50%, con conseguente incremento degli scambi internazionali in questo settore.
Questo vasto e rapido flusso di alimenti da una parte all’altra del pianeta, se da una parte contribuisce ad assicurare ai consumatori la disponibilità di qualunque tipologia di alimento, indipendentemente dalla stagione e dal punto di produzione, rappresenta, però, una piattaforma ideale per la diffusione dei contaminanti.
Uno degli strumenti più importanti per garantire che questi alimenti siano sicuri, riguardo all’aspetto igienico-sanitario, è rappresentato dalla pronta rintracciabilità dell’origine dei differenti ingredienti.
Il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, stabilisce che gli operatori del settore alimentare sono responsabili della rintracciabilità dei prodotti in tutte le fasi della filiera produttiva, dalla trasformazione alla distribuzione, anche riguardo agli ingredienti aggiunti agli alimenti.
Il recente scandalo della carne di cavallo, così come nel caso di altre emergenze in campo sanitario, ha però evidenziato la difficile applicazione della rintracciabilità in relazione alla complessità del commercio internazionale dei prodotti alimentari.
Nel gennaio 2013, in Irlanda, è stata rilevata la presenza di carne di cavallo in hamburger di manzo congelati, e l’8 febbraio il Regno Unito comunicava alla Commissione Europea che una società britannica aveva venduto lasagne preparate con carne di manzo proveniente da una società francese. Le analisi effettuate sul ragù, utilizzato nella preparazione di tali lasagne, hanno evidenziato la presenza di carne di cavallo ad una concentrazione compresa tra l’80-100%.
All’inizio di marzo 2013 il Commissario europeo per la Salute, Tonio Borg, annuncia un piano d’azione in cinque punti allo scopo di ovviare alle carenze sopra menzionate:
1. creazione di sistema simile al RASFF per il rapido scambio d’informazioni e allerte riguardo le frodi;
2. programma di controllo;
3. passaporto per i cavalli (modifica al CE 504/2008);
4. implementazione del Controllo Ufficiale e sanzioni pecuniarie;
5. etichettatura di origine. [hidepost]
I laboratori Italiani che operano nell’ambito del Controllo Ufficiale da anni sono coinvolti nell’identificazione di differenti specie zoologiche, poiché la presenza di specie diverse, rispetto a quanto dichiarato in un alimento, può avere rilevanza sanitaria e legale sotto diversi aspetti.
I principali aspetti da considerare sono:
• sanitari, nel caso in cui l’alimento contiene un ingrediente capace di provocare allergie o intolleranze nel consumatore, di cui il consumatore ignora la presenza. La possibile presenza di sostanze nocive per la salute che potrebbero essere presenti quale conseguenza secondaria della frode alimentare;
• etico-religiosi, nel caso in cui vengono utilizzati animali considerati da compagnia (cane, gatto, cavallo per gli anglosassoni) o proibiti per religione (maiale per i mussulmani ed ebrei);
• economici, nel caso in cui i prodotti pregiati o di qualità siano sostituiti con prodotti meno pregiati o di bassa qualità, creando illecito profitto a danno del consumatore.
Per dimostrare la presenza di una specie animale in un alimento possono essere utilizzati differenti metodi analitici:
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