La pasta: influenza del processo e della formulazione sulle sue proprietà nella letteratura scientifica

7 Ottobre 2016 Off Di Pastaria

Una rassegna di alcuni dei più interessanti studi presenti nella letteratura scientifica, che prendono in considerazione l’effetto del processo di produzione e della diversa formulazione sulle proprietà della pasta.

di Eleonora Carini e Elena Curti (Centro Interdipartimentale SITEIA, Università di Parma)

La pasta è un prodotto alimentare di larghissima diffusione, anche al di fuori dei confini Italiani. Pur essendo composta da soli due ingredienti considerando la sua formulazione base (semola ed acqua), deve le sue particolari caratteristiche a due grandi variabili su cui è possibile agire per modulare le sue proprietà. Una di queste due variabili è il processo produttivo, che prevede la trasformazione della miscela degli ingredienti, opportunamente dosati, nel prodotto finito, attraverso le fasi di impastamento, formatura ed essiccamento (pasta secca). L’altra variabile è la formulazione, infatti, la formulazione base della pasta può essere modificata con l’aggiunta di altri ingredienti, per conferire particolari caratteristiche, come ad esempio arricchimento in nutrienti per aumentarne il valore nutrizionale.

In questo articolo sono presentati alcuni degli studi presenti nella letteratura scientifica, che prendono in considerazione l’effetto del processo e della diversa formulazione sulle proprietà della pasta. Viene anche in parte trattato l’effetto delle materie prime sulla qualità della pasta.

Materie prime e processo

Sebbene la selezione delle materie prime e il processo tecnologico nel settore della pastificazione possano essere considerati un know-how ben consolidato, essi sono stati oggetto di diversi studi scientifici non particolarmente recenti, i cui contenuti vengono brevemente riportati di seguito.

Nella selezione della semola sono da considerarsi importanti la composizione chimica e le caratteristiche morfologiche della componente amidacea. Soh e colleghi (2006) hanno studiato l’effetto del contenuto di amilosio e della tipologia di cristalli di tipo-B sulle proprietà di texture e qualità in cottura (assorbimento di acqua in cottura) di spaghetti, osservando che un frumento duro con un contenuto più elevato di cristalli di tipo-B e di amilosio nella frazione amidacea possono contribuire a migliorare la qualità della pasta. Grant e colleghi (2004) hanno studiato la differenza tra spaghetti prodotti con semola di grano duro tradizionale e “waxy” (la frazione amidacea contiene sostanzialmente solo amilopectina) per valutare l’effetto delle due componenti dell’amido. Gli spaghetti ottenuti da solo semola waxy sono risultati avere una texture non accettabile, suggerendo quindi che è la componente dell’amilopectina che influenza maggiormente l’adesività e la tenuta in cottura della pasta e il rapporto ottimale amilosio/amilopectina nella semola va considerato per l’ottenimento di una pasta di buona qualità.

Anche le proteine della semola, in termini qualitativi e quantitativi, come noto, hanno una forte influenza sulla qualità della pasta. Uno studio (Ames et al., 2003) ha confrontato cultivar selezionate di grano duro caratterizzate da glutine molto forte con cultivar convenzionali, osservando che per l’ottenimento di una migliore texture della pasta, la forza del glutine sembrerebbe essere un fattore meno importante del contenuto di proteine (e quindi della quantità di glutine formato). In particolare, con le cultivar caratterizzate da glutine molto forte ma con minore contenuto proteico la pasta prodotta risultava avere caratteristiche di texture peggiori rispetto alla pasta prodotta con grano duro a maggior contenuto di proteine. Un altro studio (Bruneel et al., 2010) ha confrontato 16 tipologie di spaghetti in termini di temperatura di gelatinizzazione dell’amido e del suo processo di rigonfiamento, e del contenuto di proteine estraibili in una soluzione diluita di sodio-dodecil-solfato (SDSEP), un indicatore della polimerizzazione proteica in seguito al processo di essiccamento (Lagrain et al., 2005). è stata osservata una migliore qualità della pasta nei campioni con maggiore contenuto di SDSEP, minore temperatura di gelatinizzazione e minore rigonfiamento, indicando che il processo di polimerizzazione proteica durante l’essiccamento è determinante per ottenere una pasta di alta qualità e performance in cottura.

Per quanto riguarda la variabile del processo di pastificazione, alcuni tra i parametri più importanti per ottenere una pasta di qualità sono le condizioni di estrusione ed essiccamento.

Nella fase di estrusione l’idratazione dell’impasto in entrata, la temperatura e lo sforzo di taglio applicato possono influenzare la qualità della pasta. Uno studio (Abecassis et al., 1994) ha indicato che una maggiore idratazione della semola e una maggiore velocità della vite nella camera di estrusione possono influenzare positivamente la qualità in cottura della pasta (migliore tenuta in cottura e proprietà reologiche). Al contrario una temperatura eccessiva dell’impasto all’uscita della trafila può risultare in un decadimento qualitativo e in una peggiore performance in cottura.

Nella fase dell’essiccamento la scelta della temperatura di processo (da 60°C, bassa, a 100°C, alta) ha un effetto sia sull’amido che sulle proteine. Le alte temperature (90°C) hanno solitamente un effetto positivo in quanto promuovono la polimerizzazione delle proteine glutiniche e la formazione di aggregati proteici più grandi, migliorando positivamente la qualità della pasta e la performance in cottura (Singh and MacRitchie, 2004; Lamacchia et al., 2007), modificando anche l’organizzazione cristallina dell’amido e la temperatura di gelatinizzazione (Zweifel et al., 2000).

Oltre alla temperatura di essiccamento, un parametro fondamentale che incide fortemente sulle proprietà della pasta, è il contenuto di acqua del prodotto in ingresso. Zweifel e colleghi (2003) hanno studiato l’effetto dell’applicazione delle alte temperature (100°C) nelle diverse fasi dell’essiccamento (e quindi su pasta con diverso contenuto d’acqua) e hanno osservato modifiche di maggiore entità sulle proteine, il mantenimento di un migliore reticolo proteico e un minore rigonfiamento dei granuli di amido, una pasta con maggiore durezza e minore adesività superficiale quando le alte temperature sono applicate nella fase finale dell’essiccamento.

Risultati simili sono stati anche riportati da De Noni e Pagani (2010), che hanno analizzato dal punto di vista microscopico alcuni campioni di pasta cotta essiccati ad alte temperature e osservato una completa coagulazione proteica e cambiamenti dell’organizzazione cristallina dell’amido che permangono nella pasta cotta influenzandone positivamente la struttura. Inoltre la scelta delle alte temperature nelle fasi finali dell’essiccamento è particolarmente indicata in caso di semola a basso contenuto proteico, per il miglioramento della performance in cottura (Güler et al., 2002; Cubadda et al., 2007).

L’aggiunta di uova nella pasta fresca consente di ottenere un colore più giallo e un maggiore valore nutrizionale, ma al contempo ne influenza anche le caratteristiche e la qualità.

Uno studio (Alamprese et al., 2005) ha valutato l’effetto del trattamento di pastorizzazione di pasta fresca all’uovo sul reticolo proteico. I campioni di pasta sono stati prodotti usando uova intere pastorizzate, e successivamente sottoposti a uno o due trattamenti di pastorizzazione consecutivi. Solamente il doppio trattamento di pastorizzazione ha migliorato la qualità della pasta (maggiore elasticità, minore assorbimento di acqua in cottura), inducendo la formazione di un reticolo proteico più tenace grazie alla formazione di più legami disolfuro, promossi dalla presenza dell’ovoalbumina. Anche l’intensità del trattamento termico, agendo sulle interazioni proteiche, è importante nella pasta fresca all’uovo, secondo quando riportato nello studio di Alamprese e colleghi (2008). I risultati dello studio su lasagne fresche all’uovo hanno indicato che un trattamento termico che comporti un maggiore C0 (effetto cottura che tiene in considerazione la formazione di composti di Maillard) risulta in una migliore qualità reologica e performance in cottura della pasta, dovute alla presenza di un reticolo proteico con interazioni più forti. Per quanto riguarda invece la fase di formatura, il maggiore stress termico dell’estrusione rispetto alla laminazione può rendere più tenace la pasta e aumentarne l’assorbimento di acqua in cottura, ma risulta anche in un maggiore rilascio di solidi dovuto al parziale danneggiamento della fase amidacea (Zardetto e Dalla Rosa, 2009).

Guardando alla materia prima uovo, il rapporto albume/tuorlo è risultato essere inversamente correlato al contenuto lipidico e direttamente correlato al modulo di Young e alla tenacità della pasta [(test in trazione); Alamprese et al., 2009]. Un maggiore contenuto di tuorlo, apportando un maggior contenuto lipidico, può invece indebolire la maglia glutinica e favorire il rigonfiamento dei granuli di amido e l’assorbimento di acqua in cottura.

Effetto dell’arricchimento della pasta

Essendo la pasta un prodotto diffuso in molte regioni del mondo e particolarmente apprezzato da una grande fetta di consumatori per la sua semplicità, facilità di preparazione e ottima palatabilità, essa si presta ad essere  arricchita tramite l’aggiunta di determinati ingredienti allo scopo di aumentarne il valore nutrizionale. Tuttavia, l’arricchimento con ulteriori ingredienti non sempre consente di mantenerne inalterate le sue caratteristiche qualitative, perché proprietà come consistenza, colore, tenuta in cottura e qualità sensoriale possono essere influenzate in modo negativo. Un interessante e recentissimo studio-revisione condotto da ricercatori canadesi (Mercier et al., 2016) ha effettuato un’analisi statistica (meta-analysis) su tutti i dati scientifici significativi presenti in letteratura per valutare l’effetto dell’arricchimento della pasta sui suoi attributi qualitativi. Gli autori hanno esaminato 66 lavori rilevanti, di cui quasi il 60% pubblicati dopo il 2010, a dimostrazione del grande interesse scientifico e commerciale sullo sviluppo di pasta arricchita. Sono stati considerati 32 attributi qualitativi raggruppati in 7 categorie: composizione (stimata), proprietà dell’impasto (tempo di sviluppo, stabilità, assorbimento di acqua, temperatura di gelatinizzazione, ecc.), proprietà della pasta prima della fase di essiccamento (spessore o diametro dopo estrusione, coefficiente di diffusione dell’acqua, ecc.), proprietà di cottura (tempo ottimale, perdita di solidi, aumento di peso e volume), colore (valori L, a* e b* per pasta cruda e cotta), proprietà meccaniche (durezza, elasticità, adesività) e proprietà sensoriali (apparenza, consistenza, flavor e accettabilità complessiva). 11 invece sono state le specifiche di processo prese in considerazione nella meta-analysis: il tipo di ingrediente utilizzato per l’arricchimento e il livello di aggiunta impiegato, il tipo di frumento utilizzato, la presenza di additivi (uova o emulsionanti), il metodo di formatura, il diametro/spessore all’uscita dalla trafila, le condizioni di essiccamento (tempo, temperatura e umidità relativa) e l’idratazione dell’impasto. La valutazione statistica ha permesso di rendere tutti questi dati omogenei per poter effettuare un confronto statistico e mettere in relazione tutte le variabili sopradescritte. I risultati più salienti di questa revisione vengono di seguito raggruppati secondo la classificazione degli attributi qualitativi della pasta effettuata dagli stessi autori. [hidepost]

Effetto sulla composizione (stimata) della pasta: il livello di aggiunta degli ingredienti per arricchire la pasta è risultato variare dallo 0,25 al 50% (<30% nel 90% degli studi considerati). Il minore livello di arricchimento (<2%) è stato raggiunto con biomassa da microalghe (Fradique et al., 2010, 2013), mentre i livelli più alti sono stati ottenuti con l’aggiunta di amido resistente, farine di ceci, grano saraceno, banana e soia (Aravind et al., 2013; Sabanis et al., 2006; Chillo et al., 2008; Agama-Acevedo et al., 2009; Baiano et al., 2011, rispettivamente). Gli arricchimenti hanno influenzato la quantità di proteine e di fibra totale nella pasta. In particolare, il maggior contenuto proteico (33,3% sul peso secco) è stato ottenuto con un arricchimento del 50% di farina di arachidi (Howard et al., 2011) mentre il maggior contenuto in fibra totale con un arricchimento del 30% di crusca di frumento (Aravind et al., 2012). L’arricchimento della pasta con farina di legumi ha aumentato il contenuto proteico di 1,8% (sul peso secco della pasta) per livelli di arricchimento <15% e di 4% (sul peso secco della pasta) per livelli di arricchimento superiori.

Effetto sulle proprietà dell’impasto: il tempo di sviluppo dell’impasto è risultato aumentare in media di 1,28 minuti nella pasta arricchita rispetto alla pasta convenzionale. La competizione tra ingredienti aggiunti e le proteine del glutine per l’acqua così come l’influenza degli ingredienti aggiunti sulla riorganizzazione delle subunità gluteniniche sono state individuate come le cause di questo aumento di tempo di sviluppo dell’impasto in presenza di ingredienti aggiunti. L’assorbimento di acqua dell’impasto misurata con il Farinografo (500 UB) è risultata aumentare del 5% (g/100 g di impasto) in media in quanto l’arricchimento generalmente aumenta il contenuto di proteine non glutiniche nella pasta, le quali competono con quelle glutiniche per l’acqua durante la fase di impastamento, fattore che potrebbe aumentare il livello di acqua richiesto per un’ottimale idratazione del reticolo glutinico. L’arricchimento con farine di legumi è risultato aumentare l’indice glutinico (rapporto tra glutine forte e glutine totale) indicando che i componenti delle farine rimangono fisicamente intrappolati nella matrice glutinica, aumentando la massa di impasto ritenuta nel test Glutomatic.

Effetto sulle proprietà nella fase di essiccamento: il contenuto d’acqua della pasta dopo la fase di estrusione generalmente non cambia con l’arricchimento del prodotto. L’arricchimento risulta in un aumento del diametro o dello spessore della pasta dopo essiccamento di circa 0,02 mm per temperature di essiccamento >60°C, mentre nessun effetto è stato riscontrato per temperature <60°C. L’arricchimento risulta anche in un aumento del coefficiente di diffusione dell’acqua durante il processo di essiccamento per un aumento di porosità dovuto ad una parziale destrutturazione del glutine in presenza degli ingredienti aggiunti (Villeneuve et al., 2013). Questo effetto è risultato, ancora una volta, essere più significativo a temperature >60°C, per maggiori velocità di evaporazione dell’acqua a temperature più alte. Il processo di essiccamento risulta quindi velocizzato (a parità di contenuto d’acqua residuo desiderato) quando vengono aggiunti ingredienti per arricchire il prodotto rispetto ad una pasta convenzionale.

Effetto sulle proprietà di cottura della pasta: in almeno la metà degli studi inclusi nella meta-analysis sono state considerate proprietà di cottura della pasta. L’arricchimento ha causato una diminuzione, in media, di 0,42 minuti del tempo di cottura ottimale, effetto attribuibile ad una modifica della composizione chimica e microstruttura della pasta quando altri ingredienti vengono aggiunti. L’arricchimento ha un effetto “diluente” della fase amido nella pasta, e questo può ridurre il contenuto di acqua necessario per la gelatinizzazione dell’amido; l’arricchimento potrebbe anche ridurre il contenuto di glutenine e aumentare i componenti a minore peso molecolare che necessitano di meno tempo per idratarsi (Vernaza et al., 2012). In alternativa, l’arricchimento potrebbe parzialmente destrutturare il glutine facilitando la penetrazione dell’acqua (Chillo et al., 2008). L’arricchimento è risultato aumentare i solidi persi durante la cottura di un 14% rispetto alla pasta convenzionale. L’effetto è risultato simile sia nel caso dell’arricchimento con farine di legumi che con ingredienti ad alto contenuto in fibra. Nel caso della fibra, l’impatto sui solidi persi è risultato fibra-specifico: l’arricchimento con inulina ha significativamente aumentato i solidi persi in cottura, mentre l’arricchimento con altri ingredienti contenenti fibra come beta-glucani, gomma di guar, amido resistente, non hanno avuto effetto o hanno diminuito poco la tenuta in cottura delle paste (Tudorica et al., 2002; Manno et al., 2009; Aravind et al., 2012, 2013). Questi diversi effetti fibra-specifici potrebbero riflettere due opposti effetti della presenza di fibra. Alcuni studi suggeriscono che la fibra possa avere un effetto “correttivo” sulla microstruttura della pasta, contribuendo in modo attivo allo sviluppo della matrice o attraverso un inglobamento fisico strutturale (Koca e Anil, 2007; Sabanis e Tzia, 2010; Mert et al., 2014). Altri suggeriscono che la fibra possa avere un effetto diluente sul glutine e che, essendo caratterizzata da un elevata capacità di assorbimento di acqua, possa ostacolare la corretta idratazione del glutine se la quantità di acqua non risulta sufficiente (Sivam et al., 2010). Sicuramente, la diversa specificità chimica delle diverse tipologie di fibra influenza l’esplicazione di un effetto piuttosto che un altro.

L’aumento medio dei solidi persi per arricchimenti inferiori al 15% è risultato raddoppiare quando le temperature di essiccamento sono inferiori a 60°C. Ad alte temperature di essiccamento il glutine viene rafforzato in seguito alla maggiore formazione di aggregati proteici che potrebbero ridurre la penetrazione dell’acqua e prevenire la rottura del granulo di amido (Zweifel et al., 2003). Questo suggerisce che le alte temperature di essiccamento potrebbero essere più indicate per la produzione di pasta arricchita, a condizione che l’ingrediente utilizzato per l’arricchimento non sia termosensibile e rimanga biodisponibile dopo l’essiccamento.

Effetto sul colore: anche il colore rappresenta un attributo qualitativo importante per il consumatore, il quale può apprezzarlo proprio al momento dell’acquisto del prodotto. L’arricchimento della pasta comporta una diminuzione del parametro L (luminosità) sul prodotto non cotto, fattore questo non positivo in quanto il consumatore apprezza maggiormente una colorazione gialla e luminosa. La minore luminosità della pasta arricchita è dovuta nella maggior parte dei casi alla presenza di ingredienti aggiunti generalmente di colore più scuro, all’imbrunimento non enzimatico di zuccheri riducenti presenti tra gli ingredienti aggiunti, e all’ossidazione dei pigmenti carotenoidi (Marconi et al., 2002; Alireza Sadeghi et al.,  2008; Carini et al., 2009). Il cambiamento di colore viene ridotto se il prodotto viene essiccato a temperature >60°C in quanto la colorazione scura che si raggiunge con la reazione di Maillard durante il processo può parzialmente mascherare la diminuzione di luminosità dovuta all’arricchimento della pasta. L’arricchimento aumenta anche il valore a* (indice di rosso) della pasta cruda, in modo più marcato con livelli di arricchimento >15%. Con l’arricchimento si verifica anche una diminuzione di b* (indice di giallo) che, come per a*, è risultata maggiore per temperature di essiccamento <60°C. I parametri L, a* e b* misurati nella pasta cruda sono risultati significativamente correlati ai rispettivi della pasta cotta, indicando che il colore della pasta cotta può essere previsto in modo accurato dalla misurazione del colore del prodotto previa cottura.

Effetto sulle proprietà meccaniche: la durezza è risultata correlata alla stabilità al Farinografo mentre l’adesività al tempo di sviluppo dell’impasto indicando che i parametri misurati con il Farinografo sono dei buoni predittori delle proprietà meccaniche del prodotto cotto. L’adesività è risultata negativamente correlata al contenuto proteico in quanto un minore livello proteico potrebbe aumentare l’assorbimento di acqua e il rigonfiamento dei granuli di amido causando fuoriuscita di amilosio aumentando quindi l’adesività della pasta (Petitot e  al., 2010). L’elasticità è risultata correlata al tempo ottimale di cottura: l’arricchimento della pasta diminuisce il tempo ottimale di cottura e l’elasticità della pasta per una parziale destrutturazione della maglia glutinica limitando quindi le proprietà elastiche del glutine (Tudorica et al., 2002).

Effetto sulle proprietà sensoriali: il livello di arricchimento della pasta è risultato essere negativamente correlato alla sua qualità complessiva apparenza e flavor, riflettendo quindi una minore accettabilità della pasta arricchita rispetto a quella convenzionale. L’aggiunta di un 15% di farina di banana (Agama-Acevedo et al., 2009), 6% di funghi disidratati, 15% di farina di Bengal gram (una farina di ceci utilizzata nei paesi Asiatici), 12 % di farina di soia degrassata (Kaur et al. 2013) e dall’1 al 3% di microalghe disidratate (Zouari et al., 2011) alla pasta ha permesso di ottenere pasta arricchita caratterizzata da un’accettabilità leggermente maggiore rispetto alla pasta convenzionale. La diminuzione delle proprietà organolettiche nella pasta arricchita è risultata di piccola entità o nulla in caso di piccoli livelli di aggiunta di ingredienti. In particolare, un arricchimento del 10% è stato considerato come quel livello sotto al quale si hanno proprietà organolettiche simili al prodotto convenzionale. A livelli maggiori di arricchimento, le proprietà sensoriali sono risultate dipendere dalla formulazione.

Lo studio ha inoltre dimostrato una correlazione tra proprietà sensoriali e proprietà in cottura: paste con alti tempi di cottura ottimali e bassi solidi persi in cottura hanno generalmente migliori proprietà sensoriali. Non è stata osservata  però una correlazione tra la durezza della pasta e le sue proprietà sensoriali, indicando che colore e proprietà in cottura sono più importanti per l’accettabilità della pasta da parte del consumatore.

Dopo aver passato in rassegna tutti i più rilevanti effetti dell’arricchimento della pasta sui parametri qualitativi e avere compreso che questi ultimi ne sono influenzati in molti casi in modo negativo, ci sorge spontaneamente una domanda: ma a che pro? All’inizio di questo paragrafo si è scritto che le ragioni per cui si lavora per lo sviluppo di paste arricchite sono nutrizionali, alle quali il consumatore si dimostra sempre più sensibile. Ma il maggiore valore nutrizionale della pasta arricchita, è effettivamente poi “fruibile” dal nostro organismo? Vale a dire, le molecole bioattive che includiamo in queste formulazioni arricchite, sono biodisponibili nel nostro organismo? In questo campo la ricerca è ancora ai primissimi esordi, e soprattutto mancano sperimentazioni in vivo, in grado quindi di verificare l’effettiva biodisponibilità di questi componenti. Attendiamo la risposta della scienza in merito.

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