La pasta italiana al Salone del gusto
17 Dicembre 2008di Maria Antonietta Dessì
Migliorabile sotto alcuni aspetti, il Salone del gusto di Torino 2008 è stata ancora una volta l’occasione per mostrare le eccellenze delle produzioni italiane autoctone. I pastai, quelli artigianali, quelli più radicati al territorio hanno presentato alcune novità ma soprattutto si sono mostrati al passo con i tempi in termini di ricerca e sperimentazione pur nel rispetto della tradizione e nell’utilizzo della materia prima locale.
Buono, pulito e giusto: questo il leitmotiv del Salone del gusto e della manifestazione gemella Terra madre 2008. Il Salone, giunto ormai alla sua settima edizione non è stata una semplice vetrina di prodotti realizzati secondo criteri etici e rispetto della natura e dell’uomo. Piuttosto si è trattato di un’iniezione massiccia e continua di dibattiti, simposi e discussioni su un fare alimentare differente. Cultura gastronomica, amore per il cibo, ritorno alla tradizione, ricerca del buono e dell’ecosostenibile, tutto questo ha animato i cinque giorni di una delle più importanti manifestazioni dell’agroalimentare italiano.
Ha trovato quindi massima esaltazione il modello legato alla sostenibilità ambientale e in particolare a quello della filiera corta. Il tentativo è quello di sostenere lo sviluppo e l’incentivazione al consumo dei prodotti locali ed autoctoni, che oltre ad essere più facilmente rintracciabili, consentono un forte risparmio di CO2 e quindi hanno un impatto ambientale molto inferiore rispetto a quelli che provengono da altre regioni o addirittura dall’estero.
Per intenderci, per trasportare un chilo di frutta dall’America latina a Roma, un aereo rilascia in media 16 kg di anidride carbonica. Fatte le debite proporzioni, un “pasto intercontinentale” completo, può costare in termini energetici, sino a 170 chilogrammi di CO2. Mentre lo stesso pranzo con prodotti a chilometri zero ha un impatto ambientale di gran lunga meno rilevante.
Un paniere di prodotti locali ha inoltre il pregio di garantire maggiore trasparenza e tracciabilità. Noi ci permettiamo di aggiungere – e speriamo nessuno ce ne voglia – anche di igiene, essendo il nostro Paese tra quelli in cui i controlli igienico sanitari sono più ferrei al mondo.
Il consumatore può quindi avere un ruolo importante sia nell’incentivazione dell’economia locale – soprattutto di quella priva di intermediari – che nel rispetto dell’ambiente in tutte le sue forme.
Se questa attenzione è inoltre associata all’abitudine di acquistare prodotti sfusi (piuttosto che confezionati), il risparmio si calcola anche in termini di smaltimento dei rifiuti. [hidepost]
L’altro aspetto che al Salone del gusto e alle numerosissime conferenze di Terra madre è stato messo in evidenza è quello della biodiversità. Biodiversità tesa a valorizzare e fare vivere e “sopravvivere” nella cultura alimentare quante più razze animali, piante e prodotti possibili. Biodiversità che dice no all’omologazione dei prodotti. Biodiversità che rifiuta gli OGM a prescindere dalla dimostrazione della loro effettiva pericolosità per la salute umana. Non è una questione scientifica, dunque. Non ci dobbiamo solo chiedere se sono nocivi. Ma se sono opportuni in un sistema agroalimentare come il nostro che ha fatto della qualità, della genuinità, della tradizione e della varietà il suo punto di forza rispetto alle produzioni del mondo intero.
Anche nel settore della pasta, è apparsa marcata la tendenza alla filiera corta e un’attenzione particolare verso la materia prima utilizzata. Sono, infatti, sempre di più, i pastai che coltivano i cereali in prima persona […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista [/hidepost]