Business intelligence: trasformare i dati in conoscenza per orientare le decisioni aziendali
30 Dicembre 2013La business intelligence potrebbe avere un forte impatto migliorativo sulle aziende sia in termini di sviluppo e orientamento del business che di ottimizzazione dei processi e della struttura organizzativa. Con prospettive anche sul piano di una concreta riduzione dei costi, aspetto non secondario in un contesto di forte compressione dei margini e di crescenti pressioni competitive, che accomuna anche le imprese del comparto pastario.
Si scrive business intelligence. Si legge potere dell’informazione e della conoscenza. Con l’effetto di accrescere, e non poco, le capacità di controllo delle performance aziendali e di applicare nuovi modelli di business, in un contesto competitivo la cui continua evoluzione impone alle imprese costanti e importanti sforzi di adattamento.
Gestire una mole di dati e informazioni anche non strutturati e sempre più ampia, non solo provenienti dai sistemi informativi aziendali ma anche dal mondo esterno, può rivelarsi un’impresa di grande complessità per realtà di piccole e medie dimensioni. Specialmente se poco abituate all’uso delle tecnologie nelle attività di pianificazione e controllo di gestione e in quelle del marketing.
Eppure, la business intelligence, oggi supportata da applicativi (software application) in grado di processare, in maniera strutturata, milioni di dati e informazioni di diversa natura, potrebbe avere un forte impatto migliorativo sulle aziende sia in termini di sviluppo e orientamento del business che di ottimizzazione dei processi e della struttura organizzativa. Con prospettive anche sul piano di una concreta riduzione dei costi, aspetto non secondario in un contesto di forte compressione dei margini e di crescenti pressioni competitive, che accomuna anche le imprese del comparto pastario.
L’accusa più frequente mossa alla business intelligence è la difficoltà di comprensione e di usabilità dello strumento, per sua natura poco user-friendly. Ma il vero limite è più che altro culturale, una sorta di resistenza all’impiego di strumenti di cui spesso non sono noti, o comunque intuibili, i potenziali effetti sui fatturati e sulle prospettive di crescita.
L’argomento merita tuttavia una riflessione. L’Osservatorio business intelligence (BI) della School of management del Politecnico di Milano, in una recente analisi supportata da una solida base empirica costituita da oltre 90 casi di studio, ha rilevato, tra i principali vantaggi conseguiti dall’introduzione di sistemi di BI in azienda, una maggiore efficacia delle decisioni e un’elevata rapidità di reazione. Le barriere che ostacolano la diffusione di tali strumenti sono invece prettamente di ordine organizzativo e culturale. Si registrano, in particolare, diffuse forme di resistenza al cambiamento dei processi, l’assenza di skill interni (profili professionali) adeguati alla gestione dello strumento e l’incapacità di tradurre le informazioni in azioni efficaci.
Lo scenario, tuttavia – spiega ancora lo studio del Politecnico – sta rapidamente mutando sotto la spinta convergente di forze quali la diffusione crescente dei social network con il loro enorme potenziale informativo, la disponibilità a basso costo di tecnologie per la gestione di banche dati anche di considerevoli dimensioni, la potenza predittiva, attraverso metodi estrapolativi di forecasting, dei nuovi strumenti di business analytics.
In sintesi, dunque, la BI non solo aiuta le aziende a comprendere le situazioni e ad agire di conseguenza, ricavando da un’ingente massa di dati, anche non strutturati e altrimenti non gestibili, informazioni di grande ausilio per i processi decisionali e di orientamento delle azioni di marketing e vendita. Ma consente, attraverso l’analisi delle serie storiche, di prevedere anche l’evoluzione futura di variabili fondamentali, ad esempio delle vendite relative a un determinato prodotto o a una categoria merceologica.
In sostanza, gli strumenti di business intelligence consentono alle aziende, a prescindere dalla loro dimensione, di valorizzare il patrimonio di conoscenza che i dati contengono al loro interno, se opportunamente trattati, analizzati e interpretati. Di esplorare banche dati complesse per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nei processi decisionali.
Utili indicazioni si rilevano anche da un’indagine della School of management della Bocconi condotta su un campione di imprese familiari italiane, da cui emerge che un altro ostacolo all’introduzione dei sistemi di business intelligence risiede nella mancanza di tempo da dedicare all’analisi dei dati da parte del management.
Affidarsi esclusivamente alle conoscenze dell’azienda e delle dinamiche di mercato può rivelarsi tuttavia un grave limite nell’assunzione delle decisioni e nella definizione delle linee di azione aziendali. Tanto più se si considera che ricorrere al supporto degli strumenti di business intelligence, la cui scarsa conoscenza li fa percepire come molto complessi e laboriosi, è possibile – in un approccio di outsourcing – anche senza particolari sforzi di investimento…
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