Crisi e nuove abitudini: i consumi di pasta in Italia
17 Gennaio 2014Frenano i consumi di pasta in Italia. Dietro il calo degli acquisti anche i ritmi frenetici quotidiani, i modelli estetici orientati alla “dieta continua” e l’offerta alimentare sempre più incentrata sulle preparazioni veloci.
di Carlo Pisani
Il ciclo economico negativo protrattosi per otto trimestri consecutivi sta intaccando, quest’anno, anche i consumi domestici di pasta. Una mezza sorpresa, a giudizio di molti analisti. Dato che quello che era stato considerato, nel 2012, l’alimento rifugio anticrisi per eccellenza sta adesso subendo i contraccolpi di una situazione sicuramente eccezionale sia per la portata del fenomeno recessivo che per l’entità delle ricadute sugli acquisti delle famiglie italiane. In una fase di stretta dei consumi, tra l’altro, che sta coinvolgendo molti altri capitoli, oltre a quello alimentare.
Crisi a parte, sulla dinamica negativa degli acquisti di pasta in Italia incidono anche altri fattori. Uno studio Iri Infoscan sul mercato della pasta nel canale moderno fornisce interessanti elementi interpretativi in grado di motivare il meno 1% dei volumi sperimentato nei primi otto mesi del 2012 per le paste secche di semola e il calo ancora più accentuato, di quasi 3 punti percentuali, rilevato per quelle fresche confezionate.
Innanzitutto, oltre alla crisi, sembra che stia influendo sui comportamenti di acquisto degli italiani un generale cambiamento degli stili e delle abitudini alimentari, ma soprattutto un ritmo quotidiano sempre più frenetico, modelli estetici orientati alla “dieta continua” e un’offerta alimentare da parte della Grande distribuzione organizzata sempre più incentrata sulle preparazioni veloci. Modelli e abitudini che contrastano con l’esigenza di dedicare parte del proprio tempo alla preparazione dei cibi o alla consumazione dei pasti secondo schemi e modelli tradizionali.
Per quanto attiene alle paste secche, va rilevato che l’indice di penetrazione nelle famiglie resta molto elevato, con una distribuzione che presenta al Sud un’alta concentrazione. Eppure il bilancio di otto mesi nel canale moderno (iper e supermercati + libero servizio) rivela in termini di fatturato una flessione dell’1,5% su base annua, dimensionando il giro d’affari in 578 milioni di euro.
Se il business della pasta sta soffrendo in questi ultimi mesi più in termini di fatturato che di volumi (-1% sempre con riferimento alla pasta di semola secca, come già evidenziato, per un quantitativo di 446mila tonnellate attribuito al canale moderno) la ragione va ricercata nell’aumentata pressione promozionale che tiene a freno i prezzi al consumo.
Si stima che il 45% delle vendite di pasta avvenga di fatto a prezzo scontato. C’è poi da considerare l’impatto delle marche commerciali, o private label, che valgono il 16% del mercato, restando tuttavia sotto la media del reparto alimentare, e il ruolo dei discount che offrono ai consumatori un prodotto a un prezzo mediamente inferiore del 35% a quello del canale moderno.
I discount, spiega l’analisi Iri, veicolano ormai il 13% dei volumi di pasta secca, con una crescita del 3% documentata dai dati di questi primi otto mesi del 2013. Al contrario, il canale tradizionale appare sempre più in sofferenza, con il bilancio che a tutto il mese di agosto lascia trasparire un pesante segno meno sulle vendite delle piccole superfici, in calo dell’8% su base annua.
Si diceva del grado di penetrazione, che resta elevato, e del ruolo del Mezzogiorno, area in cui è allocato il 34% abbondante dei volumi di vendita, contro il 24% del Centro Italia (Sardegna inclusa) e del Nord-ovest e il 17% del Nord-est.
Sempre con riferimento alle paste secche, il prezzo medio al chilo, secondo Iri Infoscan, si aggira attorno a 1,30 euro, valore inferiore dello 0,5% ai livelli di un anno fa. Decisamente più elevato il prezzo di un chilogrammo di pasta fresca, che nel canale moderno si attesta a 5,32 euro, anche questo in calo (-0,8%) rispetto al 2012. Un segmento che in passato ha inanellato progressi considerevoli per la combinazione di diversi fattori: l’alto contenuto di innovazione, soprattutto nel caso della pasta ripiena, ma anche una politica sempre più attenta alla qualità, affiancata da un elevato e costante livello di promozionalità.
Oggi, – spiegano gli analisti di Iri – complice la crisi e le nuove abitudini alimentari, questi plus hanno in parte perso il valore iniziale. Il mercato della pasta fresca confezionata raggiunge…
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