Termine minimo di conservazione: via dalle etichette di pasta secca?
28 Agosto 2014Le delegazioni di alcuni Paesi dell’Unione europea hanno avanzato la proposta di eliminare la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” dalle confezioni di alcuni prodotti alimentari, tra i quali la pasta essiccata
L’etichetta è la carta d’identità dell’alimento: riporta una serie di informazioni sul prodotto e fornisce indicazioni sulla scadenza e la corretta conservazione di un determinato cibo.
Qualcosa, però, nei prossimi mesi potrebbe cambiare. L’Unione europea ha, infatti, avanzato la proposta di rivedere le norme sulle etichette di scadenza dei prodotti alimentari per eliminare la scritta “da consumarsi preferibilmente entro” dalle confezioni di prodotti come pasta, riso, caffè e formaggi duri.
La proposta, che mirerebbe a contenere il problema della perdite alimentari e dei rifiuti in Europa, arriva dalle delegazioni di Olanda e Svezia, e ha già incassato il sostegno di Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo.
Tante sono state le reazioni in Italia a questa proposta, ma tutte hanno evidenziato un’incertezza di fondo rispetto alla reale possibilità di risolvere in questo modo il problema del food waste e, nel contempo, preservare anche la qualità di un prodotto di successo come, ad esempio, la pasta.
Il primo a mettere dei freni riguardo all’introduzione delle norme Ue è proprio il ministro per le Politiche agricole e alimentari, Maurizio Martina, che ha dichiarato: “Siamo molto prudenti. Accettiamo la discussione, vogliamo approfondirla, però siamo altrettanto consapevoli che questi strumenti garantiscono la qualità degli alimenti”.
Ed è proprio alla sicurezza dei prodotti e alle loro qualità organolettiche che fanno riferimento anche i pastai italiani, che vogliono continuare ad offrire al consumatore alimenti gustosi e altamente qualitativi.[hidepost]
“Individuare soluzioni pratiche che portino a contrastare lo spreco del cibo e le perdite alimentari è da sempre uno degli obiettivi delle industrie della pasta che rappresentiamo” dichiara l’AIDEPI, l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane. “Quando però si parla dei tanti cibi scaduti che ogni famiglia italiana è costretta a buttare ogni anno, ci si riferisce soprattutto a prodotti deperibili e con scadenze molto brevi o in regime di conservazione a temperatura controllata. Attualmente solo pochi alimenti hanno una scadenza prefissata dalla legge, mentre, per tutti gli altri prodotti, la durata viene stabilita autonomamente dagli stessi produttori, in base ad una serie di fattori. La durabilità della pasta, ad esempio, è di 36 mesi o 24 per quella all’uovo. Un tempo lunghissimo”.
“Si fa ancora molta confusione – continua l’AIDEPI – tra il termine minimo di conservazione, espresso mediante la dichiarazione ‘da consumarsi preferibilmente entro’, e la data di scadenza, cioè la data entro la quale l’alimento è idoneo al consumo, se mantenuto nelle corrette condizioni di conservazione, prevista solo per i generi deperibili (latte fresco). Solo superando quest’ultima ci si espone a rischi seri per la salute, mentre, nel primo caso, si potrebbe andare incontro a cambiamenti nel sapore, nell’odore, nella fragranza o nel colore di un alimento. Probabilmente omettere del tutto il termine minimo di conservazione confonderebbe ancor più il consumatore che potrebbe inconsapevolmente sprecare un alimento solo perché acquistato da un po’ di tempo”.
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