Contaminanti ed esportazione
8 Novembre 2010Analisi comparata del diritto comunitario e di quello statunitense.
di Massimo Buonavita
L’importanza degli aspetti igienico-sanitari
La prima caratteristica che viene alla mente pensando a un prodotto alimentare è, probabilmente, la sua composizione ingredientistica.
Spesso vengono considerati anche i parametri chimico–fisici e nutrizionali, laddove essi rappresentino un elemento fondamentale per poter denominare un prodotto con una determinata denominazione legale di vendita.
E così, per il caso delle paste alimentari, ci si preoccupa immediatamente di assicurarsi che il prodotto sia stato ottenuto esclusivamente da semola di grano duro (nel caso di paste secche, ndr), e che possieda i requisiti di umidità e ceneri massime, nonché il tenore di proteine minimo prescritto dalle nostre normative ed anche da quelle di molti paesi destinatari delle nostre esportazioni.
Al contrario, gli aspetti di tipo igienico–sanitario godono molto spesso di minore attenzione, anche laddove riguardino taluni contaminanti che, come tali, non vengono intenzionalmente aggiunti al prodotto ma che, comunque, possono rappresentare un rischio per la salute e sono per questo tassativamente normati sia in Italia che all’estero.
Tutte queste considerazioni valgono anche in un’ottica di tipo comparativo, nel senso che chi esporta spesso si preoccupa anzitutto di poter utilizzare per i propri prodotti il nome che nei vari mercati destinatari corrisponde a “pasta”, e poi, soltanto secondariamente, di verificare il rispetto dei vari limiti massimi dei contaminanti.
Sintesi del quadro giuridico comunitario dei contaminanti
Per lungo tempo, nell’Unione europea, la normativa sui contaminanti è stata disciplinata da direttive che, dovendo essere recepite dai singoli stati membri con appositi atti nazionali, spesso venivano adottate in maniera parzialmente difforme, o senza che alla loro entrata in vigore corrispondesse l’immediata ed automatica abrogazione delle normative nazionali previgenti.
Il risultato era quello di incontrare delle difficoltà oggettive nell’esportazione di prodotti italiani che, pur essendo conformi alla normativa nazionale, non erano altrettanto in linea con il recepimento delle direttive in altri stati membri, laddove esso fosse avvenuto in maniera più rigorosa per quanto riguarda taluni limiti massimi dei contaminanti, o avesse lasciato in vita precedenti e più severe disposizioni nazionali. [hidepost]
Si era quindi creata una situazione dove, a causa di limiti massimi più o meno rigorosi per determinate tossine che variavano a seconda dello stato membro destinatario dei prodotti, questi ultimi rischiavano di non poter circolare, a danno delle aziende produttrici e del principio di libera circolazione delle merci.
Più recentemente, le vecchie direttive comunitarie sono state sostituite da dei regolamenti che, in quanto direttamente applicabili senza il bisogno di essere recepiti dai singoli stati membri, hanno garantito una maggiore uniformità nel diritto sostanziale, e consentito l’eliminazione di quasi tutti gli ostacoli […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista. Abbonati subito per non perdere i prossimi numeri della rivista [/hidepost]