Export a rischio frenata nei paesi emergenti
29 Ottobre 2013L’annuncio di un cambio della politica monetaria in Usa ha indebolito le valute di diversi paesi. Più esposti Russia, India, Brasile e Indonesia. Frenano le commodity industriali del comparto pasta e alimentari nel complesso.
di Carlo Pisani
Cambia lo scenario macroeconomico globale. Ma a mutare è soprattutto l’orientamento della Federal Reserve (Fed), la Banca centrale statunitense, che al momento si è limitata ad annunciare un possibile cambio di rotta della politica monetaria, finora ultra espansiva.
La ripresa economica in atto al di là dell’Atlantico potrebbe effettivamente indurre la Fed a limitare (in un primo tempo) e a cessare del tutto (in una seconda fase) gli acquisti di titoli di stato americano, meglio noti – tra gli addetti ai lavori – come “quantitative easing”. Una decisione che potrebbe interrompere, in sostanza, o ridurre sensibilmente, le robuste iniezioni di liquidità nei circuiti finanziari finora assicurate da una massiccia e regolare emissione di banconote.
L’effetto-annuncio ha avuto, come era logico attendersi, un impatto deflagrante sui mercati. Da quest’estate, sui movimenti di capitale e sui rapporti di cambio tra le diverse valute, si sono registrati grossi scombussolamenti.
Basti pensare che nell’arco di poco più di un trimestre per le monete dei paesi emergenti, quelli che più di altri stanno timonando la ripresa su scala mondiale, si è riscontrato nel rapporto di cambio con il dollaro Usa una forte svalutazione. E lo stesso è avvenuto, crucialmente, nei confronti della moneta comune europea, dato che l’euro non ha subito particolari scossoni nel cross con il biglietto verde americano.
Il quadro di riferimento insomma è mutato (e potrebbe cambiare ancora più a fondo) soprattutto per le imprese orientate alle esportazioni, come quelle pastarie. E non solo italiane ed europee ma anche di altre nazioni. Considerando che oltre all’Italia, nel novero dei paesi esportatori di paste rientrano, seppure con volumi nettamente più contenuti, anche Usa, Turchia, Canada e Belgio, solo per citarne alcuni.
Chi guardava, insomma, ai mercati emergenti con una prospettiva di particolare entusiasmo potrebbe adesso ricredersi. Basti pensare al solo impatto che avrebbe sull’export italiano (anche di paste) una forte svalutazione del rublo. Considerando che in Russia i pastifici tricolore hanno inviato nel 2012 poco meno di 2 milioni di tonnellate di paste, riuscendo anche quest’anno, con 820mila tonnellate nei primi cinque mesi, a incrementare le vendite di un buon 6%.
Il cambio di passo della Fed potrebbe essere insomma una vera minaccia per quei paesi e settori che proprio sull’export stanno facendo leva per superare l’onda lunga della grande crisi del 2008-2009.
Non si dimentichi che i pastifici italiani mandano ormai oltre confine più di quanto riservano annualmente al mercato interno. I dati dicono un 54% circa dei volumi complessivamente prodotti. Con il ruolo degli emergenti che sta diventando strategico per tutti i paesi esportatori.
Ora, l’effetto cambio potrebbe verosimilmente creare qualche problema. Se a inizio anno, ad esempio, per un dollaro bastavano 30,2 rubli, adesso ce ne voglio più di 33, numeri che in pochi mesi certificano una svalutazione della moneta russa di quasi il 10%.
Lo stesso risultato si ottiene guardando il rapporto di cambio con l’euro, che al pari del dollaro si è fortemente apprezzato anche nei confronti del real brasiliano (la moneta carioca risulta attualmente svalutata di quasi il 20% contro l’euro e del 17% conto il dollaro).
è assodato, insomma, che negli ultimi mesi (da maggio ad oggi), le sole aspettative di un cambio di direzione della politica monetaria d’Oltreatlantico hanno innescato una miccia in grado di scatenare una vera e prioria tempesta valutaria, a scapito soprattutto delle monete dei paesi emergenti, e sconvolto di pari passo molte piazze finanziarie, riproponendo (nella peggiore delle ipotesi) scenari simili a quelli del 1997-98 (crisi asiatica).
Per le paste, dunque, che all’estero continuano a inanellare progressi (gli ultimi dati in Italia decretano nei primi 5 mesi del 2013 un più 6,3% annuo a volume), una svalutazione eccessiva delle monete asiatiche e di altre valute, come il rublo o il real brasiliano, potrebbe rallentare o arrestare le vendite per lo meno nei mercati emergenti. Senza considerare che nel frattempo l’economia cinese ha ridotto il ritmo di marcia, deludendo le attese (e se il Dragone non corre a un passo sostenuto è come se andasse indietro), e che in Tailandia il quadro macro è già recessivo.
Il rischio, insomma, è una riedizione della crisi finanziaria asiatica analoga a quella già sperimentata alla fine degli anni Novanta.
Le azioni di contrasto delle banche centrali, che per scoraggiare l’uscita di capitali stanno aumentando nei paesi emergenti i tassi di interesse, potrebbe anche non bastare. Ma soprattutto potrebbero ulteriormente frenare la crescita economica, rallentando gli investimenti.
Gli analisti suggeriscono comunque cautela. Se è in atto un cambiamento, anche piuttosto evidente, negli equilibri finanziari globali, parlare di scenari stravolgenti potrebbero risultare azzardato.
Ci sono comunque altre evidenze che suggeriscono per lo meno di monitorare con attenzione il fenomeno al fine di prevenirne gli impatti…
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