Identikit del consumatore di pasta
27 Aprile 2009Continuiamo la nostra indagine sull’identikit del consumatore di pasta fresca.
In questo articolo i consumatori vengono analizzati sulla base della loro capacità reddituale, del loro status, dell’area geografica di appartenza, della grandezza del centro che abitano.?I dati vogliono fornire ai produttori di pasta fresca utili spunti in base ai quali scegliere le più corrette ed efficaci azioni di marketing.
di Marino Rossi
Ci siamo lasciati al termine dell’articolo precedente (Pastaria n. 12) riflettendo sulla necessità di affinare i criteri di studio dei profili del consumatore di pasta fresca.
Ricordo che l’analisi è focalizzata sui consumatori abituali, cioè chi acquista pasta fresca tutte le settimane.
Rammento inoltre che i dati derivano da elaborazioni condotte sul data base degli intervistati (5000 ogni semestre) dell’indagine Sinottica condotta da Gfk Eurisko, che gentilmente ne ha autorizzato la diffusione.
I sei tipi di pasta fresca considerati da tale studio sono i seguenti: pasta fresca all’uovo non da forno, pasta all’uovo fatta in casa, pasta all’uovo artigianale di gastronomia, pasta fresca ripiena confezionata, pasta di semola fresca confezionata, gnocchi freschi ripieni.
Dopo aver osservato nello scorso numero come cambi il consumo di pasta fresca rispetto alle variabili sesso e titolo di studio, passiamo ora ad analizzare gli acquisti secondo la capacità reddituale degli intervistati, suddivisa in 5 classi.
Gli appartenenti al segmento di reddito “medio” (37,5% del campione) non evidenziano, come era abbastanza logico attendersi, scostamenti significativi sotto alcun punto di vista, tranne un consumo leggermente superiore alla media di pasta fresca fatta in casa.
Tra chi ha un reddito medio-alto (20% degli intervistati) si notano acquisti leggermente superiori di gnocchi freschi ripieni, all’opposto emerge un consumo un po’ minore di pasta fresca fatta in casa e di pasta di semola fresca confezionata.
Più stimolante il quadro del segmento a reddito alto (11,1% del campione): qui spicca un consumo molto più elevato di pasta fresca artigianale (+66%), e al contrario molto inferiore per la pasta fresca fatta in casa (-58%) e gli gnocchi freschi ripieni (-53%).
Nella fascia a reddito medio-basso (21,9% dei rispondenti) emergono un consumo inferiore di pasta fresca artigianale (-22%) e invece superiore per la pasta di semola fresca confezionata (+26%).
Infine il segmento a reddito basso (9,4% del campione) si fa notare per acquisti inferiori di pasta fresca non da forno (-22%) e pasta fresca artigianale (-18%), e di contro consumi un po’ maggiori di pasta fresca fatta in casa e di pasta di semola fresca confezionata. [hidepost]
è interessante rilevare che la frequenza di consumo abituale (29,2% nell’insieme degli intervistati) è più elevata nella fascia di reddito medio-basso (30,7%), seguita a ruota da quella a reddito medio (30,3%), per poi calare all’aumentare del reddito (27,7% e 26,3% nelle fasce a reddito medio-alto e alto).
Questo non deve però trarre in inganno sull’attrattività di questi segmenti di mercato: se cala leggermente la frequenza di consumo, cambia però sostanzialmente la qualità degli acquisti.
Si tende infatti, al crescere del reddito, a privilegiare i prodotti più costosi e tendenzialmente di qualità (come la pasta fresca artigianale), a scapito di quella fatta in casa, preferita nelle fasce di reddito inferiori, che non costituisce fonte di ricavo per chi produce pasta fresca.
Risulta quindi evidente che i produttori medio-piccoli di pasta fresca devono dirigere maggiormente le iniziative di marketing sui segmenti di consumatori a reddito più elevato, ai quali offrire prodotti di crescente qualità e con una gamma sempre più diversificata e “personalizzata” […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista. Abbonati subito per non perdere i prossimi numeri [/hidepost]