Il marketing per la pasta fresca
8 Giugno 2008Pubblichiamo il primo di una serie di articoli dedicati al marketing della pasta alimentare, curati da un conoscitore della materia con competenze specifiche nel settore agroalimentare
di Marino Rossi
Il presente contributo ambisce ad essere il primo di una serie di articoli dedicati al marketing della pasta fresca.
L’obiettivo di queste considerazioni è di esporre idee e argomenti che possano aiutare gli imprenditori e le aziende a operare e competere meglio su un mercato sempre più complesso.
A tale scopo il taglio sarà più pratico che teorico, ma necessariamente si dovranno esaminare anche concetti teorici che non si possono trascurare.
In particolare l’articolo che segue inizia a fornire un quadro generale sul tema, e in quelli successivi sarà dato risalto a aspetti e strumenti sempre più operativi e concreti.
Spero perciò che i miei venticinque lettori abbiano la pazienza di seguirmi superando la comprensibile iniziale diffidenza verso quel minimo di basi teoriche imprescindibili.
Il punto è quindi: quale marketing per la pasta fresca italiana?
Partirò da un presupposto.
La pasta fresca italiana può per la gran parte rientrare a pieno diritto nel novero dei prodotti tipici di qualità.
I concetti di tipicità e di qualità sono combinazione di vari fattori e risultano piuttosto complessi e articolati, ma non è questa la sede idonea per approfondirli.
Vale la pena invece di fornire qualche elemento sul mercato della pasta fresca in Italia.
Parliamo di una quantità di oltre 110 mila tonnellate, pari a meno del 4% del mercato totale della pasta (secca più fresca).
In valore siamo a oltre 500 milioni euro, circa il 16% del totale.
Il consumo pro capite annuo è di circa 2 kg.
Si tratta di un mercato che registra una significativa crescita (intorno al 5-7% annuo, contro la stagnazione di quello della pasta secca), e di un prodotto ad alto valore unitario (circa 5 volte quello della pasta secca).
Il marketing oggi
Delle innumerevoli definizioni di marketing esistenti, vi propongo quella che dà Riccardo Pastore, nel suo libro Il marketing del vino e del territorio: istruzioni per l’uso: «Il marketing è un processo sociale mediante il quale individui e gruppi ottengono ciò di cui hanno bisogno e desiderano, creando e scambiando prodotti e valori con altri».
Il marketing è quindi sostanzialmente l’insieme di tutte le attività che possono influenzare lo scambio di valori. Va tenuto sempre ben presente che il punto di partenza del processo è il consumatore, l’attività svolta è lo scambio, e il risultato è la produzione di valore, sia per il produttore/venditore (il profitto) sia per il consumatore (la soddisfazione di un bisogno).
In definitiva il marketing è l’insieme delle azioni per intraprendere e sviluppare scambi e relazioni di reciproco interesse in un determinato mercato, risultando il modo più razionale per scambiare col/sul mercato.
Se questo è corretto, ne consegue che operare sul mercato con “scorciatoie” si dimostra prima o poi sempre perdente per qualsiasi azienda. Esemplificando, se l’imprenditore non produce valore per sé attraverso la soddisfazione del consumatore, non può prosperare nel medio-lungo periodo; inoltre, se l’azienda non parte dai bisogni del consumatore, avrà vita breve e stentata […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista