Il panorama italiano delle paste fresche all’uovo
30 Gennaio 2009L’articolo presenta una valutazione della composizione, degli indici di colore, del comportamento in cottura e delle proprietà di struttura di diversi campioni commerciali di pasta fresca all’uovo preconfezionata e sfusa, presenti sul mercato italiano.
di Cristina Alamprese
La denominazione «pasta fresca all’uovo» comprende svariate tipologie di prodotti, differenti non solo per composizione e tipologia di ingredienti, ma anche per processo produttivo. La legislazione (DPR 187/2001) prevede infatti la possibilità di produrre pasta sfusa o pasta preconfezionata, che si differenziano soprattutto per il fatto che la pasta preconfezionata deve essere sottoposta ad un trattamento termico equivalente almeno alla pastorizzazione; non viene riportata però nessuna ulteriore indicazione sui parametri di processo da adottare, la cui scelta viene quindi affidata a ciascun produttore. Per quanto riguarda la formulazione, viene dettato solo un contenuto minimo di 4 uova (200 g) per chilogrammo di sfarinato e, nel caso della pasta fresca preconfezionata, un tenore di umidità non inferiore al 24%. Le differenti condizioni di pastorizzazione applicate, insieme alle diverse formulazioni e tecnologie di produzione impiegate, si riflettono sulle caratteristiche compositive e strutturali delle paste fresche all’uovo presenti in commercio, dando luogo ad un panorama di prodotti piuttosto composito.
Un lavoro condotto presso i laboratori della sezione di Tecnologie alimentari del DISTAM (Università degli studi di Milano) ha previsto la valutazione della composizione, degli indici di colore, del comportamento in cottura e delle proprietà di struttura di diversi campioni commerciali di pasta fresca all’uovo preconfezionata e sfusa, in forma di sfoglie per lasagne, proprio allo scopo di tracciare una panoramica dei prodotti presenti sul mercato italiano.[hidepost]
Il grafico 1 riporta i valori di umidità, proteine e grassi riscontrati nei campioni di pasta fresca all’uovo analizzati, sia preconfezionati (indicati con la lettera P seguita da una cifra) che sfusi (indicati dalla lettera S seguita da una cifra); la sigla «bio» identifica due campioni commercializzati come biologici. I risultati mostrano come i campioni differiscano notevolmente tra di loro e le indicazioni riportate in etichetta permettono di imputare tali differenze agli ingredienti utilizzati (semola o semola e farina in quantità variabili; presenza o meno di acqua aggiunta all’impasto) e al diverso quantitativo di uova (la quantità di uova dichiarata varia dal 17 al 30%).
Il tenore di umidità delle paste preconfezionate risulta essere ben al di sopra del valore minimo di legge ed è il parametro che mostra la variabilità più contenuta (valori compresi tra 27 e 32 g/100 g). I valori ritrovati nelle paste fresche sfuse non si discostano da quelli osservati nei campioni preconfezionati (valore medio pari a 29 g/100 g).
Il contenuto proteico dei campioni è sempre superiore al limite minimo di legge (pari a 12,50 g/100 g di sostanza secca), ma in questo caso le differenze tra i diversi campioni sono superiori rispetto a quanto osservato per l’umidità; essendo infatti i valori compresi tra 9 e 14 g/100 g, risulta un coefficiente di variazione percentuale pari al 10%, contro il 5% relativo all’umidità. I campioni preconfezionati mostrano, mediamente, un tenore in proteine superiore rispetto a quello delle paste sfuse, che potrebbe essere imputabile all’impiego di sfarinati di qualità superiore e/o di un maggior quantitativo di uova.
Il contenuto di grasso è l’indice maggiormente variabili […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista [/hidepost]