L’indicazione del lotto
26 Aprile 2010L’importanza del lotto di produzione, tra etichettatura e rintracciabilità.
di Lino Vicini
Proseguiamo il nostro viaggio nelle regole che governano l’etichettatura dei prodotti alimentari.
La normativa che disciplina queste materia, e che si applica quindi anche ai vari tipi di pasta, contiene insieme ad altre definizioni anche quella di lotto.
Secondo il disposto dell’art. 13 del decreto legislativo 109 del 1992 con tale termine si intende un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche.
Questa dicitura non è destinata al consumatore finale tant’è vero che viene formulata in modo tale (normalmente una serie di numeri e lettere) che quest’ultimo, il più delle volte, non è in grado di comprenderne il significato.
A ben pensare infatti il consumatore non ha ragione di essere interessato al lotto, altre infatti sono le informazioni fondamentali su cui concentra la sua attenzione (data di scadenza, TMC, quantità dell’alimento, ingredienti, allergeni, ecc).
L’indicazione del lotto di appartenenza dell’alimento ha un’altra funzione, serve al produttore e agli organi di controllo nel caso in cui sia necessario richiamare una parte della produzione.
Che questo sia lo scopo viene confermato anche dal confronto tra le normative comunitarie che si sono susseguite nel corso del tempo in questo campo. [hidepost]
La direttiva 13/2000 che ha incorporato le modifiche successive nel corpo della direttiva 79/112 non ha incluso anche la direttiva che impone l’obbligo del lotto.
Se tale direttiva a differenza delle altre, non è stata incorporata nel testo generale è dovuto al fatto che il lotto non è destinato all’informazione del consumatore.
Chiaramente i prodotti alimentari non possono essere posti in vendita se non riportano l’indicazione del lotto di appartenenza.
A ciò si aggiunge che il lotto viene determinato dal produttore o dal confezionatore del prodotto o dal primo venditore stabilito all’interno della Comunità europea ed è apposto sotto la propria responsabilità.
Esso deve figurare in ogni caso in modo da essere facilmente visibile, chiaramente leggibile ed indelebile ed è preceduto dalla lettera «L» salvo nel caso in cui sia riportato in modo da essere distinto da altre indicazioni di etichettatura.
La disciplina prevede delle esenzioni qualora nell’etichettatura vi siano delle menzioni configurabili come indicazione di lotto.
Sono considerate tali le seguenti ipotesi:
• la data di scadenza oppure il termine minimo di conservazione espresso almeno con il giorno e con il mese;
• la data di produzione o di confezionamento ove volontariamente usate, purché espressa almeno con il giorno e mese (questa dicitura, eventualmente utilizzata, in ogni caso non esonera dall’obbligo di indicazione della data di scadenza o del termine minimo di conservazione);
• la menzione di cui all’art. 7 del decreto del presidente della Repubblica 26 maggio 1980 n. 391 (identificazione del lotto per esigenze metrologiche), sempre che sia espressa in modo chiaro come sopradetto e risponda alla definizione di lotto.
Dal tenore della legge si intende che in questi casi le date non devono essere precedute dalla lettera “L”, perché non sono lotto.
La loro indicazione esonera l’operatore dall’obbligo dell’indicazione del lotto.
Ulteriori casi di esenzione sono stabiliti dall’art. 13 del decreto legislativo 109 del 1992.
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