Osservatorio prezzi 1/2015
11 Febbraio 2015La rubrica quadrimestrale di Pastaria sui prezzi delle principali materie prime impiegate dai pastifici.
a cura del Centro studi economici Pastaria
Il principale elemento di novità sui mercati internazionali delle commodity è stato, in quest’ultima frazione d’anno, il brusco dietro front dei prezzi del petrolio. I movimenti ribassisti sperimentati nell’ultimo trimestre del 2014 hanno ridotto di quasi il 50% le quotazioni del greggio, con il Brent, benchmark europeo, sceso ormai a ridosso dei 50 dollari al barile, da oltre 100 dollari della scorsa estate.
Da rilevare che la caduta dei prezzi è stata parzialmente controbilanciata dall’indebolimento dell’euro rispetto al dollaro Usa, con il rapporto di cambio tra le due monete sceso sotto quota 1,19. L’effetto dei ribassi è stato comunque dirompente, nonostante le correzioni valutarie. Si tratterà adesso di verificare la sostenibilità dell’attuale livello dei prezzi del petrolio, considerando le ricadute che le basse quotazioni stanno avendo su alcune economie di rilievo, in particolare quella russa, che dai prodotti energetici traggono buona parte del loro reddito nazionale.
Letto a contrariis, il greggio low cost rappresenta un inatteso fattore di spinta per quei paesi, come l’Italia, caratterizzati invece da una strutturale dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime energetiche. Il beneficio è per l’intero sistema manifatturiero (e non solo) che dal petrolio a buon mercato potrà trarre vantaggi soprattutto in termini di competitività e di riduzione dei costi di produzione.
Quanto al comparto alimentare, i rincari del frumento, con forti spinte al rialzo soprattutto sul mercato del grano duro, come da attese, hanno riportato verso l’alto la lancetta dei prezzi di alcune materie prime agricole. Il Commodity food price index elaborato dal Fondo monetario internazionale è rimbalzato a novembre dell’1,4% rispetto ai livelli di ottobre, anche se il confronto su base annua resta negativo di circa 6 punti percentuali. A innescare i rincari sono stati la revisione al ribasso delle stime sulle scorte mondiali di cereali, il bilancio particolarmente deludente sui raccolti di grano duro, anche in Italia, e le incertezze legate agli sviluppi della crisi ucraina, con il corollario di sanzioni e contromisure ritorsive che hanno interrotto gran parte dei flussi commerciali tra Europa e Russia.
Da segnalare che l’indice Fao a dicembre ha comunque ritracciato, cedendo l’1,7% in un mese. E che in media d’anno i prezzi delle materie prime alimentari hanno archiviato, in base ai conteggi dell’Agenzia delle Nazioni Unite, una riduzione del 3,7% sul 2013.
Le sorti del food, seppure parzialmente condizionate dai movimenti rialzisti sui mercati dei cereali, non appaiono dunque mutate nella dinamica di fondo. L’intero comparto dei lattiero-caseari ha confermato le condizioni di generale debolezza dei prezzi, destinati a mantenere un profilo negativo anche in questo avvio del 2015.
I forti aumenti del grano duro, con i valori attuali superiori di oltre il 40% ai livelli di un anno fa, sarebbero invece destinati a rientrare, seppure lentamente. Il mercato in Italia non sembra in grado di sostenere quotazioni superiori ai 400 euro la tonnellata, valori troppo elevati che finirebbero col trascinare al rialzo i prezzi della pasta, in una fase tutt’altro che favorevole ai consumi.
Gli sviluppi di breve termine suggeriscono, di conseguenza, uno scenario di graduale attenuazione delle spinte inflattive sul circuito del grano duro e delle semole. Nessuna tensione per le produzioni zootecniche, con prospettive di ulteriore riduzione dei prezzi nel comparto suino, che più di altri sta accusando le ricadute dell’embargo sulle esportazioni verso Mosca.
Anche gli oli di oliva, i cui prezzi, a causa del forte calo produttivo (del 50% in Spagna e del 35% in Italia), sono quasi raddoppiati in un anno, dovrebbero confermare un percorso di lento rientro, già iniziato a dicembre, pur mantenendosi su livelli elevati. Non sono previsti scossoni per le carni bovine e le uova, prodotti, entrambi, venduti a sconto del 7-8% rispetto ai valori di un anno fa.
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