Osservatorio prezzi 1/2016
23 Febbraio 2016La rubrica quadrimestrale di Pastaria sui prezzi delle principali materie prime impiegate dai pastifici.
a cura del Centro studi economici Pastaria
Confermando le aspettative, gli sviluppi congiunturali sui mercati delle commodity agricole e alimentari hanno replicato, nella dinamica generale, il trend ribassista dei mesi scorsi.
Cedono ancora il passo le quotazioni dei cereali, frumenti in particolare, con il grano duro di nuovo in sequenza negativa sia per le pressioni esercitate dai grandi paesi esportatori, Canada e Stati Uniti in primis, sia, soprattutto, per la modesta spinta all’acquisto da parte degli utilizzatori. Il tutto in un mercato sufficientemente approvvigionato, seppure sottodimensionato (ma solo per il duro) in termini di scorte, se non altro nella proiezione di fine campagna.
La dinamica moderata della domanda mondiale spiega anche la debolezza riscontrata sul resto dei listini cerealicoli. Per l’insieme dei frumenti e dei cereali foraggeri le previsioni attestano a un modesto più 1% la crescita dei consumi globali. Anche se a tenere a freno gli acquisti saranno soprattutto gli impieghi non food, scoraggiati dalla minore convenienza a produrre biofuel dopo gli ulteriori ribassi dei prezzi del petrolio, ormai stabilmente sotto i 40 dollari/barile.
Se il quadro dei fondamentali appare comunque rassicurante, data l’abbondanza d’offerta e il buon livello delle giacenze globali, non è escluso, anche nella prospettiva di breve termine, che l’attuale assetto dei mercati possa subire qualche, sia pure minima, correzione.
All’orizzonte ci sono diverse possibilità (e soprattutto timori) che l’influenza di alcuni fattori destabilizzanti, dall’evoluzione climatica, soggetta agli effetti di El Niño, ai rischi di un’estensione dei conflitti nell’area mediorientale, determini un cambiamento degli attuali equilibri.
El Niño, stando anche agli esperti meteo, non produrrebbe comunque effetti modificativi sostanziali sulle dinamiche mercantili globali, nonostante le preoccupazioni iniziali, limitando il suo impatto solo ad alcune dimensioni locali. In Malesia e Indonesia la siccità ha già innescato un inatteso rimbalzo dei prezzi degli oli di palma. Ma in altri comparti, cereali inclusi, la sola variabile meteorologica non basterebbe a modificare l’attuale traiettoria dei prezzi, se non in combinazione con altri fattori potenzialmente rialzisti, primo fra tutti l’instabilità del quadro geopolitico globale.
Ad allontanare gli scenari inflattivi si è aggiunta anche la recente decisione di Mosca di ridurre i dazi sulle esportazioni di grani, introdotti inizialmente per contrastare i possibili aumenti dei prezzi dopo la forte svalutazione del rublo. Una disposizione – fortemente caldeggiata dagli esportatori locali – che potrebbe determinare sui mercati internazionali un ulteriore inasprimento del quadro competitivo mondiale. Sul quale grava, inoltre, la previsione di un balzo record, nel 2016, dell’export ucraino di cereali, stimato in 36 milioni di tonnellate.[hidepost]
Gli elementi di fondo restano ribassisti anche sul circuito delle carni e dei lattiero-caseari, comparti sui quali pesa la situazione di oversupply riscontrata a livello europeo. In mancanza dello sbocco russo, inibito dall’embargo imposto da Mosca su una lunga lista di prodotti agricoli e alimentari, continuano a riversarsi sui mercati del Vecchio Continente le eccedenze che non trovano collocazione nei paesi extra-Ue. Una situazione che ha trascinato ancora più in basso le quotazioni delle carni suine e del latte in polvere. E che rischia di pregiudicare le sorti del mercato almeno nella prima frazione del 2016.
Anche i bassi costi di trasporto, con i noli marittimi fortemente depressi dal rallentamento degli scambi mondiali e dagli sconti sui carburanti, oltre che dall’aumento della flotta di navi porta container, spiegano l’attuale moderazione dei prezzi delle commodity, condizionati tra altro dal riassestamento dei rapporti di cambio tra valute, dopo il recente rialzo dei tassi di interesse varato dalla Federal Reserve, la Banca centrale americana.
La crisi degli Emergenti, ad iniziare da Russia e Brasile, già in recessione, ma soprattutto la brusca frenata della Cina, che non riesce più a replicare le performance degli anni scorsi, potrebbero ulteriormente indebolire i mercati. Non convince del tutto neanche la ripresa in Usa, con l’economia a stelle e strisce che quest’anno, secondo le previsioni, non andrebbe oltre un 2% di crescita. [/hidepost]
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