Pasta fresca e gnocchi: il successo dell’industria italiana

21 Agosto 2015 Off Di Pastaria

Una nota di Justo Bonetto, segretario di APPF, a commento dei dati di mercato dell’industria della pasta fresca italiana presentati nel corso del 4° Seminario di studio su pasta fresca e gnocchi. 

di Justo Bonetto (Segretario APPF)

Cogliendo l’occasione del sorprendente successo dei produttori italiani di pasta fresca che si va delineando per il 2014 (+ 4,5%), e ciò in controtendenza e a dispetto di tutte le contingenze di mercato sfavorevoli, delle crociate a favore delle diete ipocaloriche per non parlare dell’offensiva Usa in difesa dei cibi “low carb”, si vuole dare un quadro economico veritiero della pasta fresca italiana negli ultimi 20 anni; pasta fresca che è vissuta e prosperata prima nell’incertezza ed insufficienza legislativa (quasi colmata, peraltro, nel 2001 con il DPR 187) e tuttora invischiata nella confusione identificativa e quali-quantitativa tra pasta fresca cosiddetta industriale, artigianale, pasta secca e gnocchi.

I produttori industriali si possono identificare, con valutazione forzatamente approssimata (ed al di là di valutazioni di fatturato), in quelle aziende in grado di avvalersi di strutture consistenti e non obsolete ed una mentalità aperta all’export verso i paesi europei: esse non superano in Italia il numero di trenta. Alcune di esse si dichiarano artigiane ma dell’artigianalità – patrimonio tradizionale peraltro dei produttori di pasta fresca che nascono tutti artigiani – non mantengono più che lontane tracce. La pasta fresca artigianale “verace”, quella per intendersi venduta prevalentemente dove si produce ed in modesti quantitativi, oggi vale all’incirca il 10% del mercato e non è certo in crescita.

Oggi la pasta fresca italiana ha una prorompente propensione per i mercati esteri (fondamentalmente europei) che mantengono vivo e vitale l’intero comparto mettendo qualche toppa al mercato nazionale che ha raggiunto uno stato di “maturità”. Essa vuole affermare la propria identità che è quella di una pasta che ha anche notevoli connotazioni di gastronomia, con modalità di vendita e tipologie di mercato del tutto peculiari per fini di chiarezza commerciale, tenendosi bene ancorata e cercando (con successo) di cavalcare la crescita europea del “fresh”. La pasta fresca cresciuta nell’alveo della nostra Legge 580/67, semplicemente come corollario della pasta secca, abbisogna di questo status per quelle modifiche legislative che i mutati mercati, specie europei, ora richiedono.

Non è più un pigmeo nel grande mondo della pasta alimentare: “vale” oggi circa il 28% della pasta secca anche se può accedere ad una piattaforma di vendite (quella europea) assai più limitata. Una strada obbligata sarà quella di creare nuovi stabilimenti oltreoceano dove il leader del mercato Giovanni Rana, presente negli USA da appena un paio d’anni, sta cogliendo straordinari successi.

Anche gli gnocchi di patata nella loro lenta ma costante progressione non sembrano risentire di una carenza legislativa ad hoc che attesti la loro qualità, ma vivono comunque un mercato più che soddisfacente dove coesistono le tipologie produttive più disparate come ingredientistica (fiocco, patata fresca, mix dei precedenti, preparato a base fiocco) e tipologie di conservazione (refrigerata ed a temperatura ambiente); e questo in un mercato che spazia ormai in tutto il mondo.

Sono entrambi prodotti che incarnano ed esaltano il concetto del Made in Italy: abilità ed inventiva enorme tutta italiana, supportata da grande qualità del prodotto. Alti livelli qualitativi raggiunti anche mediante la creazione – interamente italiana anch’essa – della tecnologia di conservazione nel tempo, capace di mantenere pressoché costante la qualità organolettica della pasta esaltando il concetto di “fresco”.

La pasta fresca – specie quella farcita – da specialità tradizionale a tavola due volte all’anno (Natale e Pasqua), o poco più, è diventata un consumo routinario di quasi due volte alla settimana per famiglia e coinvolge il 70% della popolazione italiana con percentuali ancora maggiori al Nord.

Il perseguimento costante della “qualità” con ingredientistiche pregiate dei ripieni e della pasta è stata la “mission” dell’intero settore; altra azzeccatissima mossa quella della diminuzione dello spessore della sfoglia per esaltare il valore organolettico dei ripieni ed una contestuale diminuzione (più che un dimezzamento) dei tempi di cottura, fatto solo apparentemente banale. E poi il tempestivo “viraggio” dai tradizionali ripieni a base carnea a quelli a base vegetale e latticini che recentemente sono diventati maggioranza.

Infine il raggiungimento di un livello di sicurezza sanitaria impensabili pochi anni fa – salmonellosi, muffe sono solo un ricordo –, contestuale al mantenimento della qualità organolettica (ricorso ad una solo trattamento termico, adozione delle clean rooms, ecc): un baluardo di affidabilità da sempre cercato e richiesto dai buyers. [hidepost]

Le considerazioni che emergono dai grafici di queste pagine testimoniamo, ad abundantiam, la straordinaria evoluzione e l’eccellenza del mercati della pasta fresca e degli gnocchi di patata. Sono dati forniti da Appf, associazione presieduta da Giovanni Rana che raccoglie circa l’85% del business italiano e circa il 60% di quello europeo, che ha elaborato ed integrato i dati conosciuti (Istituti di ricerca di mercato statistici, Istat, ecc.) con quelli certi e tangibili provenienti dalle aziende associate superando le difficoltà e le imprecisioni grossolane provenienti, per la maggior parte, dal mercato europeo dove le rilevazioni statistiche sono più difficili.

 

Le prospettive

Le prospettive di mercato, fatti i debiti scongiuri, sembrano tutte, o quasi, favorevoli:

  • dovrebbe, non osiamo dire scomparire, ma, almeno, attenuarsi l’attuale momento negativo dell’economia italiana che ha portato lo scorso anno ad un decremento delle vendite nell’agroalimentare pari al 4,5%, con il risultato di proiettare i consumi di pasta fresca verso l’alto;
  • dovrebbe continuare l’attuale trend positivo delle vendite in Europa specie nei Paesi più refrattari per tradizione all’accettazione del “gusto Italiano” (Portogallo, Svizzera, Russia, Slovenia, Svezia, Finlandia, Belgio, Olanda);
  • dovrebbe espandersi dappertutto il mercato dei ready meals e dei piatti pronti in cui, oltre a Rana – attivo come noto in Belgio – si sta cimentando la Voltan Group già vincitore di un Award in Regno Unito;
  • un certo timore suscita il rinnovato attacco degli USA a proposito dei cosiddetti “low carb” che qualche apprensione sta procurando al mercato statunitense della pasta secca e potrebbe avere una probabile ripercussione in Europa anche per la pasta fresca. Ma l’impatto folgorante di Rana su quel quadrante commerciale  sembra scongiurare il paventato pericolo. [/hidepost]

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