Pasta secca italiana, quindici anni di successi all’estero

26 Agosto 2015 Off Di Pastaria

La filiera italiana punta a una strategia integrata di valorizzazione e promozione, anche con strumenti in grado di favorire le interazioni tra i diversi attori della filiera.

a cura del Centro studi economici Pastaria

Quindici anni sugli “scudi” per la pasta secca italiana. Con significativi progressi oltre confine sia nei volumi esportati che nei relativi fatturati.

I dati a consuntivo del 2014 – rivela un’analisi Ismea – hanno sancito nelle cifre di fine anno il livello più elevato degli ultimi tre lustri, con il superamento della soglia di 2 milioni di tonnellate (+4,2% sul 2013) e il balzo record oltre i 2,2 miliardi di euro (+4,1%) dei corrispettivi monetari, balzati al 7%, in termini di quota, se rapportati all’intero valore delle esportazioni agroalimentari italiane.

Nel segmento specifico della pasta secca di semola, cui le statistiche sul commercio con l’estero attribuiscono l’85% dei volumi e il 70% del valore dell’intero export delle paste alimentari, la dinamica osservata dall’inizio degli anni Duemila ad oggi, rivela un tasso di crescita medio annuo del 2,3% in termini fisici e del +5% in moneta. L’unica battuta d’arresto, registrata nel 2008, quando l’export di paste di semola sperimentò una flessione su base annua di quasi 5 punti percentuali, si ebbe in una fase di eccezionale rivalutazione dei valori medi unitari conseguente all’impennata dei prezzi del grano duro verificatasi in piena “bolla” commodity.

Nel biennio successivo, con il rapido dietro front delle quotazioni e lo scoppio della più grave crisi economico-finanziaria da Dopoguerra ad oggi, si verificò un vero e proprio tracollo del commercio mondiale, che trascinò in una spirale negativa anche l’export di paste italiane per la durata di un biennio.

Seppure in un contesto di generale difficoltà di tenuta dei fatturati, le quantità esportate, nel caso delle paste di semola, hanno continuato a crescere in tutti gli anni successivi al 2008, superando, già nel 2010, la soglia del milione e mezzo di tonnellate.

La geografia delle esportazioni non ha subito nei quindici anni considerati particolari stravolgimenti. La preferenza comunitaria, che attribuisce un ruolo prevalente ai mercati tedesco, francese e britannico, resta confermata anche dalla dinamica di lungo periodo che è apparsa significativamente positiva per tutti i principali acquirenti, con tassi medio annui di crescita, tra il 2001 e il 2014, del 2,5% sia in Germania che in Francia e del 3,5% sul mercato UK.

Oltre i confini Ue, tuttavia, l’export di paste di semola ha sperimentato una flessione media annua dello 0,7% in Usa (con un tracollo del 31% nel 2008, causato anche dalla forte rivalutazione dell’euro di quell’anno), crescendo invece di un frazionale 0,4% in Giappone e di un robusto +15,2% (sempre in media d’anno) in Russia.

In termini assoluti, da poco più di 7mila tonnellate del 2000 le esportazioni verso Mosca si sono spinte a ridosso delle 60mila tonnellate nel 2014.

Da rilevare, spiega l’analisi Ismea, che, per soddisfare la crescente domanda estera di paste italiane, le industrie, sia molitorie che della pastificazione, si approvvigionano in misura crescente di materia prima importata, a fronte di una disponibilità nazionale di grano duro insufficiente, rispetto ai fabbisogni industriali, e non sempre in linea con i parametri qualitativi richiesti.

Nella media degli ultimi quindici anni il grado di autoapprovvigionamento si è attestato, in Italia, attorno al 70%, toccando il livello più basso (62%) nel 2014. Mediamente il 30% della materia prima impiegata nella filiera molitorio-pastaria risulta pertanto di provenienza estera (il Canada è in assoluto il principale fornitore), con punte di quasi il 40% negli ultimi dodici mesi.

Ridurre la dipendenza dall’estero – conclude l’analisi – significa poter agire in maniera più incisiva con strumenti in grado di favorire le interazioni tra i diversi attori della filiera, nei termini di una maggiore aggregazione dell’offerta agricola, di un innalzamento del livello qualitativo della granella italiana e di un mantenimento degli standard, anche attraverso lo stoccaggio differenziato per partite omogenee di prodotto. [hidepost]

Una strategia integrata di valorizzazione e di promozione all’estero della pasta servirebbe inoltre a rafforzare il grado di internazionalizzazione del settore, che all’estero già destina, annualmente, oltre la metà della produzione.

A tal fine, su iniziativa di Aidepi, l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane, il Governo ha istituito una Cabina di regia per la pasta, presieduta dai ministri dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole alimentare e forestali e accolta con soddisfazione anche dal mondo agricolo (si veda anche l’articolo Al via la cabina di regia della pasta).

La riunione di insediamento si è tenuta il 23 giugno scorso presso la sede del ministero dello Sviluppo economico, alla presenza dei ministri Guidi e Martina. Presenti le associazioni di rappresentanza della parti industriali (Aidepi, Italmopa e Unionalimentari) e di quelle agricole (Confagricoltura, Copagri e Associazione generale cooperative italiane, Confederazione italiana agricoltori).

I successivi incontri – si legge in una nota del MISE – saranno dedicati ai gruppi di lavoro tematici e vedranno la partecipazione di altri attori del sistema produttivo pastario.

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