Rottamare il vecchio marketing della pasta: verso il socialing?

5 Aprile 2014 Off Di Pastaria

Un’impresa “socialing oriented” pone al centro delle proprie strategie di business le reali esigenze dei consumatori, migliora sistematicamente il rapporto qualità-prezzo della propria offerta, sviluppa la propria responsabilità sociale e ambientale nel territorio in cui opera e contribuisce, attraverso l’innovazione intellettuale ed organizzativa, alla crescita del capitale sociale e della qualità della vita della propria comunità.

di Marino Rossi

Il nuovo anno porta con sé l’affermarsi di nuove tendenze nel mondo di quello che si è finora definito marketing.

Si tratta ancora del primo affacciarsi in modo organico di termini che precisano concetti peraltro già ben presenti a chi si occupa di questi argomenti.

Certo è un fatto che purtroppo il marketing si sta inaridendo solo nello sterile tentativo di condizionamento dei bisogni e dei consumi.

L’imperativo aziendale della vendita immediata a ogni costo si traduce nello stillicidio di offerte, di promozioni, di seduzioni simboliche che inondano e travolgono i consumatori, col risultato spesso di creare disillusione quando non vero e proprio rifiuto.

Una parte della popolazione ancora minoritaria ma in crescita sta evolvendo da consumatore di massa ad acquirente più “responsabile”, più sensibile alle innovazioni, più attento agli effetti ambientali e sociali dei suoi comportamenti di consumo.

Si tratta di una fascia che le ricerche collocano in Italia intorno al 20% delle persone, definiti prosumer: questo termine, fusione di producer e consumer, identifica un utente che, svincolandosi dal classico ruolo passivo, assume un comportamento più attivo nel processo di avvicinamento, selezione e acquisto dei beni.

Tale fenomeno deriva dalla percezione che l’economia contemporanea non sia al servizio dei clienti, ma siano invece i clienti a essere al servizio del sistema economico, sempre più lontano dalle esigenze più autentiche degli acquirenti.

Questo fenomeno, già in atto da anni, si è recentemente accentuato: gli esperti, come Paolo Anselmi, vice presidente di GfK Eurisko, notano che “la crisi che stiamo attraversando ha caratteristiche che la rendono, nella percezione dei consumatori, molto diversa da quelle del recente passato: per durata, per impatto sociale (a marzo 2013 il 75% dei cittadini italiani dichiarava di sentirsi direttamente “toccato” dalla crisi economica) e per incertezza sui tempi della ‘ripresa’ (il 39% degli intervistati ritiene infatti che usciremo dalla crisi non prima del 2016). Gli effetti di una crisi così prolungata non sono solo congiunturali ma agiscono in profondità, modificando valori e modelli di consumo. [hidepost]Oltre a risposte immediate di tipo ‘tattico’ – come il rinvio degli acquisti più importanti e l’attenzione esasperata ai prezzi – emerge un progressivo ripensamento del tradizionale e spensierato approccio ai consumi, a favore di un nuovo modello ispirato ai valori della sobrietà, responsabilità e sostenibilità. E proprio il tema della sostenibilità ambientale occupa una posizione privilegiata: il 36% degli Italiani si dichiara ‘molto attento’ all’ambiente e il 56% ‘abbastanza attento’. Si fa strada la consapevolezza del contributo che ciascuno può dare per la soluzione del problema. Gli anni che stiamo vivendo rappresentano dunque un momento di svolta etica e culturale che sta portando verso un nuovo modello di consumo più consapevole e più responsabile, caratterizzato dalla scelta di prodotti e marche più ‘etici’. Il 34% degli italiani, quando acquista un prodotto, ritiene importante che esso rispetti criteri etici, sociali e ambientali e al 47% è capitato negli ultimi 12 mesi di non acquistare prodotti o marche perché poco responsabili dal punto di vista ambientale o sociale. Stiamo assistendo a una riformulazione complessiva del ‘senso’ dei consumi nella direzione di un benessere soggettivo nella quale assume sempre maggior peso il desiderio di contribuire al benessere collettivo e alla salvaguardia dei beni comuni”.

Il fenomeno è confermato anche da altri studi: Havas ha rilevato che il 69% degli italiani presta attenzione alle conseguenze ambientali e sociali dei comportamenti di acquisto, contro il 57% della media europea, e tale quota arriva all’84% nella fascia dei prosumer.

Rispetto poi alla tracciabilità dei prodotti, il 63% degli italiani la considera importante, che diventa 82% dei prosumer; analogo discorso sulla provenienza, che vede il 67% dichiararsi a favore del consumo di prodotti a km zero o comunque made in Italy (84% tra i prosumer)…

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