Coronavirus: i pastifici italiani rispondono all’appello per salvare il Paese

16 Marzo 2020 Off Di Pastaria

Le conseguenze del corona virus nei pastifici illustrate dai rappresentanti delle associazioni italiane di produttori di pasta (APPAFRE, APPF e Unione Italiana Food).

Testa bassa e lavorare: questo il ritornello che risuona tra le imprese del comparto agroalimentare in Italia, in queste ore. Stiamo vivendo, nostro malgrado, un momento storico, una di quelle vicende che i nonni racconteranno ai nipoti e che i bambini leggeranno nei libri di scuola. Qualcosa dall’esito ancora incerto che è difficile fotografare, vista la celerità del succedersi degli eventi.

In uno scenario fortemente preoccupante da ogni punto di vista, in una condizione che sino a qualche settimana fa avremmo ritenuto degna di un film drammatico di fantascienza, le imprese della produzione e della trasformazione alimentare sono chiamate a garantire il proprio operato. Sono soprattutto loro a reggere le sorti del Paese, quando il resto dell’economia nazionale, per decreto o per scelta, è costretto ad arrendersi. Lo devono fare, lo stanno facendo, seppur le condizioni siano complessivamente critiche, pressanti, rischiose.

“Per il momento parliamo sulla base delle informazioni dirette che abbiamo da parte delle nostre aziende associate e per la percezione che ci viene da un rapporto quotidiano con loro: i produttori di pasta stanno operando a pieno regime e probabilmente in maniera superiore all’ordinario. Non abbiamo però al momento dati aggiornati sulla domanda e sul venduto, perché possiamo fare monitoraggi su un periodo minimo di tre mesi. Sarebbe pertanto prematuro fare un rilevamento attendibile di pochi giorni” afferma Cristiano Laurenza, segretario del Settore pasta di Unione Italiana Food, che aggiunge: ”al momento la situazione è sotto controllo. Gli approvvigionamenti procedono con regolarità, sia nella pasta fresca, sia in quella secca. I consumatori non devono avere paura di trovare gli scaffali vuoti”. All’Unione Italiana Food, – nata dal connubio tra AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) e AIIPA (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari) – si ritiene che questo sia un concetto da evidenziare, per evitare disordini o un assalto ingiustificato ai supermercati. Nella produzione pastaria, come in molte altre, si lavora comunque in una condizione delicata, legata alla gestione del personale, che è sotto pressione in un momento difficile, dal punto di vista umano e professionale. “C’è però sensibilità da parte del Governo e riteniamo che anche i cittadini stiano rispondendo bene alle indicazioni che vengono date, affinché il problema dei contagi non sia sottovalutato. Sembra acquisito il concetto che ci troviamo in una condizione mai vista nella storia recente e in situazioni straordinarie vanno fatte cose straordinarie, questa è l’unica risposta”.

Anche al fine di dare un segnale ed essere d’esempio, l’Unione Italiana Food si è organizzata, al suo interno, con un presidio minimo negli uffici e continuando a svolgere l’attività da remoto e con lo smart working, così come anche ampiamente raccomandato negli ultimi decreti che si sono susseguiti in queste settimane. L’Unione non sta facendo mancare il suo sostegno e la sua assistenza in un momento così delicato, continuando a garantire un aggiornamento costante agli associati, non solo sulle questioni legate al coronavirus, ma anche a tutte le altre di ordinaria utilità. E’ altresì costante il contatto con le istituzioni, anche al fine di definire comunemente delle linee di intervento che scongiurino la paralisi del Paese, il blocco della produzione e della distribuzione: tutte cose suscettibili di generare danni incalcolabili.

“I problemi, in questo momento, non sono relativi al mercato, la richiesta infatti è tendenzialmente superiore alla media di questo periodo. Le difficoltà che il mondo della pasta avverte sono altre, legate alle condizioni di lavoro, alla preoccupazione sulla tenuta della logistica, al rischio che quel delicato equilibrio che abbiamo sinora miracolosamente mantenuto, venga meno”: sottolinea Fabio Fontaneto, titolare dell’omonimo pastificio e presidente di Appafre – Associazione di produttori di pasta fresca dell’artigianato e della piccola e media impresa italiana. “E’ un momento critico e stiamo evitando di distrarre i colleghi dalla produzione, che ora richiede la massima attenzione”. Il mondo della pasta sta lavorando a pieno ritmo e non intende far mancare il suo supporto, in un momento in cui il Paese chiede di mettere in campo tutte le forze possibili. “Si lavora nelle aziende con il terrore del contagio e adottando misure di sicurezza mai viste prima”, precisa Fontaneto.

La regola in linea di massima è – laddove possibile perché gli ambienti di lavoro lo consentono – di muoversi a compartimenti stagni, separando le zone di produzione, confezionamento, magazzino e amministrazione, in modo che possano continuare ad operare, ma senza contatto diretto. Gli autotrasportatori non scendono nemmeno dal mezzo, non hanno rapporti con il personale che riceve la merce e poi guanti, mascherine e disinfettanti per tutti, personale amministrativo compreso. In questo modo, nella sciagurata ipotesi della positività di un soggetto, è possibile evitare ulteriori contagi e individuare immediatamente la provenienza di quelli riscontrati. La paura – aggiungono da Appafre – è la presenza anche solo di un sospetto in azienda, perché significa la chiusura dello stabilimento, con tutte le nefaste conseguenze del caso. Appafre per ora non avanza richieste specifiche al Governo. Certo è che c’è preoccupazione per i dipendenti, per la tenuta della logistica, per il fatto che il personale regga un simile impatto lavorativo ed emotivo, sul lungo termine, se dovesse durare. Insomma, i problemi nel settore della pasta fresca, per ora, sono soprattutto organizzativi perché la richiesta è aumentata, ma in una condizione di difficoltà generalizzata, di incertezza e di paura. “Resta il fatto che adesso il Paese ci chiama all’appello e noi non ci tiriamo indietro” dice Fabio Fontaneto, anche a nome dei colleghi pastai sparsi in tutto lo Stivale, isole comprese.

Allo stesso appello rispondono anche gli imprenditori aderenti all’Associazione dei Produttori di Pasta Fresca (APPF) presieduta da Giovanni Rana. “Il canale prioritario dei nostri associati è la GdO che in queste settimane, come è noto, ha fatto registrare un aumento significativo della richiesta, sia sui prodotti a brevissima scadenza, sia su quelli a 6 mesi o addirittura un anno. Quella che si è fermata, per ovvi motivi, è invece l’HO.RE.CA. Delle nostre imprese alcune hanno persino raddoppiato i turni di lavoro”: concorda pienamente con i colleghi Gherardo Bonetto, segretario di APPF, che aggiunge: “gli italiani stanno consumando maggiormente i pasti in casa e questo porta ad acquistare di più generi alimentari. Ma è anche la paura, che traina le vendite”.

Le imprese che producono gnocchi e pasta fresca – sostengono in APPF – lavorano in questo momento a ritmi serrati, ma con grande inquietudine e forte preoccupazione, legata soprattutto ai trasporti della merce in entrata e in uscita, al reperimento di mascherine, guanti e altri dispositivi di sicurezza e alla tensione del personale che come tutti, vive un dramma, pur non facendo mancare la sua disponibilità. “Ci sono inoltre timori da parte dei partner esteri: sono molti i clienti stranieri che chiedono rassicurazioni sulla continuità nella produzione”, precisa Bonetto. In sostanza, all’estero ci sarebbe una certa preoccupazione che l’emergenza impedisca la produzione o il trasporto della merce e che, per cause di forza maggiore, i produttori di pasta non riescano materialmente a onorare gli impegni. Al contrario di quanto sta accadendo per altri prodotti, i nostri associati non hanno denunciato atteggiamenti di diffidenza o speculazione a loro danno, anzi.” Un fatto, questo, oggettivamente anomalo, considerato quanto sta accadendo all’agroalimentare, in generale. Alcuni Paesi, ignorando completamente i trattati europei sulla libera circolazione delle merci, richiedono la certi?cazione su alcuni alimenti nostrani tra i più rinomati e controllati. A tal proposito, la Ministra Bellanova ha chiesto all’esecutivo di intervenire presso la commissione europea per a?ermare che non sono tollerabili richieste di certi?cazioni aggiuntive, per i prodotti italiani.

Le maggiori associazioni della pasta stanno adottando misure similari e riportano situazioni comuni delle proprie imprese aderenti. Ma soprattutto su una cosa c’è unanimità e comunione di vedute: l’appello corale, forte e chiaro: restate a casa!