Le paste incavate
2 Luglio 2008Cavatelli, cecatelli, mignuicche, strapuntini, pincinelle: molti nomi per molti formati, per una pasta che è pressapoco sempre la stessa
di Oretta Zanini de Vita
Questi piccoli capolavori di pasta, soprattutto con passaporto pugliese e lucano, viaggiano ormai su tutto il territorio nazionale anche in formato industriale. Non c’è negozio di alimentari che non li esponga freschi, secchi, in atmosfera modificata, per accontentare una clientela sempre più vasta di fruitori.
Naturalmente, viaggiando di paese in paese, la pasta ha spesso variato, anche se di poco, i suoi ingredienti e il suo formato; ed ecco che in Molise, regione confinante con le Puglie per chiamarsi cecatelli, a differenza del vero e proprio cavatello, invece che con un dito solo, si scavano con due dita e per questo si chiamano anche cavatielle ‘ncatenate, cioè “cavatelli incatenati”, e quando la semola mancava, ecco che un piccolo aiuto arriva nell’impasto dalle patate. Oggi li troviamo in tutti i buoni ristoranti, ma un tempo erano un piatto devozionale che si preparava per la festa di Sant’Antonio dopo che si erano portate le bestie per la rituale benedizione. In altre aree molisane questi cecatelli si chiamano anche vredocchie e si preparano in una sorta di minestrone preparato con il cavolo, il peperoncino e l’immancabile ottimo olio della regione […]. La lettura integrale è riservata ai possessori della rivista